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Interview: L'Italiano celebrato a Vienna
Carlo Boschi, Biblionet, April 2003


C.B.  Il 25 aprile lei riceverà la nomina a Kammersaenger della città di Vienna. E' un onere o un onore?

G. S.  Lo sento innanzitutto come un onore. E' il riconoscimento di certi meriti acquisiti: a Vienna ho interpretato ben sedici differenti ruoli e ciò ha creato un rapporto veramente intimo e affettuosissimo con questa capitale mondiale della musica. L'onere viene di conseguenza: arrivato a un certo livello della carriera diventa sempre più difficile confermare la professionalità acquisita. Come sempre mi hanno detto i grandi maestri, non è tanto difficile ottenere il successo, quanto mantenere la stima che ci si è conquistata. Il titolo di Kammersaenger rappresenta un ulteriore sfida in questo senso.

C.B.  Quali altri cantanti italiani sono stati ammessi alla carica di Kammersaenger prima di lei?

G. S.  E' emozionante arrivare in teatro e trovare sulla porta del camerino la targhetta con le due piccole iniziali in oro: K.S. Ti ricordano che sei in compagnia di Renato Bruson, di Ruggero Raimondi, Giuseppe Giacomini, Leo Nucci, Ferruccio Furlanetto. Mica roba da niente!

C.B.  Kammersaenger: uno dei riconoscimenti più alti nella carriera di un cantante. Si sente indissolubilmente legato alle tavole del palcoscenico?

G. S.  Solo fino al 2007. In quell'anno vorrei chiudere con il teatro d'opera. Magari ancora concedermi qualche recital o qualche grande esecuzione oratoriale, alcune pagine di musica da camera. Ma, da quella data, la mia attività sarà rivolta quasi esclusivamente alla direzione d'orchestra. Comunque, un traguardo come questo non potrò mai dimenticarlo: per un cantante rappresenta una specie di premio oscar.

C.B.  La scelta della direzione d'orchestra come prospettiva futura in che modo condiziona le sue interpretazioni odierne?

G. S.  Ho affrontato quarantasei ruoli diversi nella mia carriera. Ogni debutto è costato tutto l'impegno possibile per entrare sino in fondo nel personaggio, comprenderne i motivi stilistici e psicologici, la dimensione letteraria. Soprattutto per esaltarne la natura musicale. Per questo il rapporto con la partitura è sempre stato strettissimo: da lì viene la comprensione globale di un'opera. La parte del solista esiste solo nel suo rapporto con quest'anima generale della composizione. In questa prospettiva si inserisce poi il rapporto più strettamente personale con il ruolo: riconoscerne la psicologia e farla rivivere, naturalmente in relazione con l'esperienza dell'uomo Giuseppe Sabbatini. Studiare direzione d'orchestra è una naturale prosecuzione di questo metodo, un affinamento analitico che dà maggiore consapevolezza all'interprete.

C.B.  I prossimi impegni a cui tiene di più?

G. S. Tutti! Come dicevo prima, sono immerso nell'onere della fama raggiunta. Al livello di un Kammersaenger non esiste una serata meno impegnativa di un'altra. Mi sento vincolato a una specie di patto con il pubblico: chi viene ad ascoltare Giuseppe Sabbatini cerca quel mio determinato stile, quella mia certa interpretazione e non vorrei mandarlo a casa deluso per nessuna ragione al mondo. Milano, Londra, Vienna, New York, sono tutte tappe ugualmente importanti e impegnative.

C.B.  E quelli che teme di più?

G. S. Tutti! Certo, in questa fase della mia carriera non vado a cercarmi ruoli particolarmente stressanti (tipo Guglielmo Tell o Puritani). Già il mio repertorio abituale presenta difficoltà importanti, soprattutto dal punto di vista del "belcanto". Prevedo altri debutti per i prossimi mesi, ma soprattutto voglio continuare a perfezionare quelle opere che per me sono più congeniali: Werther, Manon, Lucia di Lamermoor, Elisir d'amore. E' lo specchio del mio perfezionismo: in una serata impeccabile a me basta una piccola esitazione (magari inavvertibile) per lasciarmi con la bocca amara. Insomma, niente è facile sul palcoscenico a un certo livello. Ci sarà sempre qualche superficiale che si ostinerà a giudicare le opere e le interpretazioni dal numero di acuti prodotti. Per me l'interpretazione è un'altra cosa e in quel campo non si finisce mai di scavare e scoprire.

C.B.  Da Kammersaenger: un consiglio ai cantanti e uno ai direttori d'orchestra.

G. S.  I consigli preferisco riceverli piuttosto che darli. Ma qualche cosa, nell'esperienza acquisita, mi è diventato chiaro e posso esprimerlo. Ai cantanti raccomando di fuggire dalla monotonia: pensare più all'interpretazione e meno al narcisismo vocale. Distinguere due "pianissimo", fra una scena d'amore e una scena di morte, è già segnale di una sensibilità che spesso latita nei teatri d'opera. La voce non è solo potenza, colore o vanità: può e deve diventare strumento duttile e intelligente al servizio della Musica. Ai direttori d'orchestra suggerirei rispetto per le esigenze del canto, ma, al contempo, inflessibilità nel far sorgere quella interpretazione pienamente musicale che sola giustifica l'allestimento di uno spettacolo d'opera.

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This page was last updated on: May 22, 2003