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La Bohème, Teatro Regio di Torino, October 2004
Photo by Ramella & Giannese
La Stampa 13.10.2004

Bohème, fulcro del nostro amore, La Stampa, 12 October 2004
Una «Bohème» da camera, La Stampa, 14 October 2004
Una «Bohème» con troppi sospiri, Corriere della Sera, 15 October 2004
La Bohème va a corrente alternata, La Repubblica, 18 October 2004
Alagna e Gheorghiu fanno volare la «Bohème» al Regio di Torino, L'Avvenire, 14 October 2004
La Bohème, Teatro Regio 10/12/04, Opera News, January  2005

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Bohème, fulcro del nostro amore
Armando Caruso, La Stampa, 12 October 2004

Che vivano da protagonisti il loro debutto italiano, lo si comprende subito. La «Bohème» al Regio è la grande occasione che il direttore artistico Marco Tutino ha offerto loro, sicuro che sarebbe stato ripagato nel migliore dei modi. Roberto Alagna, il tenore che dopo la trionfale «Traviata» alla Scala del 1990, diretta da Riccardo Muti, è diventato uno fra i più amati, e anche fra i più pagati cantanti lirici italiani, ha pure sposato il soprano romeno Angela Gheorghiu. Ha così potuto aggiungere alla sua vita di artista e di uomo, un impagabile «valore». Perché Angela, oltre ad essere straordinariamente brava e bella, è una donna che conquista, possiede fascino e amabilità, è disponibile nei confronti dei suoi fan. Marito e moglie si guardano e si baciano con tenerezza, si fanno fotografare insieme e insieme si porgono all'attenzione degli estimatori. Una coppia ben assortita, non c'è che dire, che sta bene nella vita e in palcoscenico. Che lui, figlio di siciliani, nato in Francia, sia però la classica «testa di tenore» è un dato di fatto e non ha difficoltà ad ammetterlo, anche se con una certa dose di autoironia. Un esempio? Dice: «Sono proprio uno stupido. Ho finito di asciugare i capelli in macchina con il finestrino abbassato ed ora sento un principio di raucedine. Speriamo che entro la prima di stasera il fastidio sia definitivamente scomparso». Ad Angela, assai più razionale di lui, una cosa simile non sarebbe mai capitata.

Signora Gheorghiu, un gran ritorno a Torino, dove in Conservatorio, anni fa, aveva inciso con l'Orchestra del Regio arie d'opera diretta da John Mauceri. Si era trovata bene?

«Era stata un'esperienza felicissima. Mi aveva stupito la duttilità dell'orchestra e l'acustica del Conservatorio. Ma questa produzione di "Bohème" con Roberto, l'amico Evelino Pidò sul podio e con un regista come Patroni Griffi, mi regala momenti di grande attesa e di gioia».

Signor Alagna, che cosa si prova a interpretare il ruolo di Rodolfo se Mimì è proprio sua moglie?

«Lo vedremo stasera al debutto. Per noi in Italia è la nostra prima "Bohème". In scena dimentichiamo di essere marito e moglie. Si è amanti e basta. Si cantano frasi piene di tenerezza, di dolore, di speranza. Nella vita familiare non sempre è così, ma la magia del teatro ci regala una ragione in più per essere felici».

E lei, Gheorghiu, conferma?

«Assolutamente sì. È vero che sono sempre sua moglie, ma è anche vero che ci si dimentica dei piccoli litigi familiari. Io non cedo mai ai capricci di Roberto, ma poi davanti alla musica non esistono più rivendicazioni personali. La vita in scena ti fa dimenticare la vita reale».

Siete la coppia più celebre del teatro lirico. Alagna, quando vi siete conosciuti?

«Ci siamo innamorati al Covent Garden dove cantavamo in "Bohème", ci siamo sposati a New York per la "Bohème" al Metropolitan. Cantando per prima volta insieme in Italia ancora "Bohème" vuol dire che il destino sta dalla nostra parte. Siamo una coppia fortunata».

Angela Gheorghiu è dello stesso parere?

«Confermo in pieno e mi auguro che la fortuna ci assista».

Signora, non c'è il pericolo che la «Bohème» diventi una routine?

«Il vero teatro non può essere routine. Nessuno di noi canta allo stesso modo. Cambiano i direttori, i registi, noi stessi, con il tempo acquisiamo una maggiore maturità, siamo portati ad approfondire le parti. Puccini, in particolare, è un genio che non concede nulla alla banalità. Tutto è meticolosamente previsto e tutto, al tempo stesso, è lasciato all'inventiva dell'artista. I grandi compositori inducono alla riflessione».

Alagna, gli impegni teatrali spesso la dividono da sua moglie. Quando tornerà a cantare al Regio?

«L'ho promesso e manterrò la parola. Tornerò a Torino per il "Werther" di Massenet e per la "Manon Lescaut" di Puccini».


Una «Bohème» da camera
Paolo Gallarati, La Stampa, 14 October 2004

Orchestra ridotta, senza spessori sinfonici

Prevedibile successo della «Bohème» al teatro Regio: alla fine della serata il pubblico delle prime, solitamente un po' compassato, ha festeggiato i cantanti e il direttore con un calore inconsueto. Lo spettacolo fila liscio, sia sul piano scenico sia su quello musicale. La regia di Patroni Griffi è spigliata, tiene il passo della musica, alacre e sciolto: la giovinezza, che Puccini rappresenta nella vicenda di Rodolfo, Mimì e dei loro amici e compagni nasce dal ritmo della partitura, dal suo nervosismo elastico, tra abbandoni melodici e improvvise frenesie, languori e scatti, carezze e crudeli trafitture. Sta al direttore, prima di tutto, raccordare quel discorso, modernamente frantumato, in un respiro naturale e Evelino Pidò lo ha fatto bene: ogni battuta della sua «Bohème» è interessante, perché frutto di un evidente lavoro di scavo nella mirabolante varietà ritmica e timbrica dell'orchestra pucciniana. Ma ciò che più colpisce e che dà a questa esecuzione una cifra personale è la sonorità. La «Bohème» di Pidò non è tanto sinfonica quanto cameristica, e questo spiazza notevolmente il nostro orizzonte di attesa. L'orchestra, che suona bene, è leggera, trasparente e ridotta: niente spessori sinfonici, cui siamo abituati, né, tantomeno, fracasso. L'impiego del rubato - rallentamenti e accelerazioni in cui la musica di Puccini slitta continuamente in una specie di soave ebbrezza - è ben condotto. Tutto, inoltre, appare nitido, mentre gli strumenti creano sotto le voci un tessuto trasparente, sempre reattivo. Ne trae così giovamento l'intimità della vicenda, ma anche la giovinezza dei suoi protagonisti: il tono antiretorico s'irradia, infatti, dall'orchestra e investe il palcoscenico in cui agiscono dei veri ragazzi, pieni di vitalità e di sbarazzina incoscienza. Rodolfo: il tenore Alagna ha dichiarato un raffreddore ma la sua prestazione è andata in crescendo e, dopo il primo atto in cui ha la pagina più pericolosa, ha cantato sempre meglio, incarnando il personaggio nel suo carattere sognatore e inquieto, impulsivo e appassionato. Mimì: la deliziosissima Gheorghiu è quanto di meglio oggi si possa vedere e sentire per la grazia della figura, la purezza dello stile e la dolcezza del canto, sempre al servizio del personaggio reso fresco, vivace e fortunatamente privato della tendenza al piagnisteo che talvolta lo affligge.

Marcello: Lucio Gallo, bella voce, figura aitante, stile impeccabile, applica a Puccini la stessa esattezza e pulizia che adopera in Mozart o in Wagner, quando lo canta in lingua originale, caso rarissimo tra i cantanti italiani, ottenendo grande successo nei teatri tedeschi come accaduto nel giugno scorso per il suo «Olandese volante» a Francoforte. Musetta: Donata D'Annunzio Lombardi ha la voce un po' asprigna e un canto poco sfogato, ma scenicamente si muove bene e l'opposizione del soprano leggero con quello lirico riesce sufficientemente efficace. E poi ci sono tutti gli altri, Fabio Previati (Schaunard) Giovanni Battista Parodi (Colline) Alessandro Busi (Benoit) Graziano Polidori (Alcindoro) Sabino Gaita (Parpignol), figure d'importanza decrescente ma essenziali per definire il piccolo mondo che ruota attorno ai protagonisti, confondendosi con le comparse e il coro (del Regio e del Conservatorio diretto da Claudio Marino Moretti) che popola la colorata scena parigina del secondo quadro: tutti danno il loro contributo per rendere omogeneo uno spettacolo gradevole sotto ogni punto di vista. Dopo otto anni anche la regia di Patroni Griffi tiene bene e le scene di Aldo Terlizzi restano accettabili per la contaminazione tra realismo e fantasia. Il quadro della nevicata è molto suggestivo, nel suo invernale silenzio screziato dalle gocce iridescenti dell'orchestra; quello del caffè Momus colorato e fantasioso, solo un po' troppo affollato in spazi non vasti. Le due scene della soffitta, in cui, per una sorta di scomposizione cubista, compaiono anche le case di Parigi viste dal basso, sarebbero più giuste se fossero meno illuminate: la luce bianca, fissa, e fredda, invece dei bagliori rossastri del caminetto e delle candele, ne guasta l'effetto. Il buio richiesto nel primo atto, poi, manca del tutto. Ma è un particolare che, oltre ad essere facilmente rimediabile, non ha compromesso la soddisfazione generale provata del pubblico e dimostrata senza tentennamenti alla fine.


Una «Bohème» con troppi sospiri
Enrico Girardi, Corriere della Sera, 15 October 2004

Il Teatro Regio ha inaugurato la stagione lirica torinese rispolverando l'allestimento di Bohème che aveva prodotto nel '96, nel centenario del battesimo dell'opera che era avvenuto appunto nella città subalpina. Dal punto di vista finanziario l'operazione si è rivelata magistrale: da un parte infatti il teatro ha risparmiato sulla produzione di un nuovo allestimento, quale è tradizione confezionare ad inizio stagione; dall'altra, grazie all'immensa popolarità di cui il titolo pucciniano continua a godere, ha dato conforto al botteghino, «sold-out» per tutte e dodici le recite previste. Dal punto di vista artistico l'operazione si è rivelata meno magistrale. Lo spettacolo è quello che Giuseppe Patroni Griffi aveva trasposto nella Parigi di fine Ottocento pur mantenendovi un impianto tradizionale: uno spettacolo che già allora era sembrato più televisivo che teatrale, ma che in ogni caso ha il merito di tratteggiare una Mimì un po' più donna di mondo e un po' meno «sartina» del solito.

Non mancava la curiosità di vedere i protagonisti, i coniugi Angela Gheorghiu e Roberto Alagna che vantano un grado di notorietà quanto mai lusinghiero. Meritato? Nell'occasione si può dire a metà, perché lui ha cantato «ancorché reduce da un raffreddore», come ha annunciato uno speaker con flemma sabauda. Bella presenza scenica e un timbro senz'altro piacevole, rotondo, pieno e omogeneo ha comunque esibito lei, il cui unico limite consiste in un solfeggio che negli assieme non è nitido e chiaro quanto negli a solo. Né guasterebbe qualche risaputo sospiretto in meno. Accanto a loro, la compagnia è ben assortita; in particolare, Lucio Gallo fa un Marcello di squisita eleganza.

Il torinese Evelino Pidò ha debuttato sul podio del teatro d'opera della sua città. Una direzione volonterosa, la sua, cesellata battuta per battuta, specie per quanto riguarda la narrazione orchestrale. Cosicché non mancano rubati ad hoc e improvvise accelerazioni. Solo che i cantanti ne sono spesso «schiacciati» e faticano a seguirlo, col risultato che i concertati gli scappano di mano. E poi, va bene lo struggimento e il languore - è la Bohème , che diamine - ma certi tempi (quelli delle romanze su tutti) sono d'una lentezza da perdere il filo del discorso. Bel successo, in ogni caso.


La Bohème va a corrente alternata
Angelo Foletto,  La Repubblica, 18 October 2004

Non convince del tutto l´allestimento del Regio. E le star Gheorghiu e Alagna sembrano fuori posto

Ha funzionato poco l´operazione-Bohème messa a solenne inaugurazione della stagione del Teatro Regio. Al di là degli applausi (non torrenziali) del pubblico sono rimasti troppi dubbi artistici sull´opportunità di legare il delicato debutto nell´opera del direttore Evelino Pidò alla ripresa dell´allestimento di Giuseppe Patroni Griffi e Aldo Terlizzi (1996, centenario della prima) parso già a suo tempo non brillante, e all´arruolamento come protagonisti, per sole due recite (e altrettante prove), della matrimoniale coppia di star Angela Gheorghiu e Roberto Alagna che ha sconvolto i fragili equilibri di un cast per il resto di ordinaria fattura.

Con tali premesse è nata un´esecuzione sbocconcellata e poco vitale: in bilico tra le orgogliose raffinatezze cercate, e talvolta trovate, in orchestra dal direttore e i compromessi di ritmo, fraseggio e scorrevolezza teatrale complessiva condizionati dall´ingombrante presenza dei due divi. Non appena Pidò trovava un colore o un´articolazione musicalmente utile era costretto a patteggiarla con la visione molto personale del solfeggio e delle indicazioni di spartito della zuccherosa Gheorghiu e del marito. Il loro passo vocale, educato ma compiaciuto e antiteatrale, ha frenato lo slancio sorgivo dell´opera, rendendo questa Bohème poco toccante, drammaticamente innocua e un po´ soporifera. Tant´è che nemmeno il culmine del concertato del II atto è stato applaudito a scena aperta e la diligente prestazione degli altri compari di voce e di scena non ha mai trovato temperatura espressiva e simpatia teatrale adeguate.


Alagna e Gheorghiu fanno volare la «Bohème» al Regio di Torino
Pierachille Dolfini, L'Avvenire, 14 October 2004

Applausi alla prima dell'opera di Puccini nonostante il clamoroso errore del soprano all'entrata in scena. Domani maxischermo per la replica

Sulle locandine dei manifesti che tappezzano piazza Castello campeggiano i nomi, scritti a caratteri cubitali, di Roberto Alagna e Angela Gheorghiu: il tenore e il soprano, marito e moglie nella vita, di casa al Covent Garden di Londra, cantano per la prima volta insieme in Italia. A fare il colpaccio il direttore artistico del Teatro Regio di Torino, Marco Tutino, che se li è accaparrati per due recite di Bohème di Giacomo Puccini, titolo inaugurale della stagione d'opera 2004/2005. Cast stellare, dai compensi stellari, che non ha deluso le aspettative: l'attesa era tutta per loro, due cantanti considerati tra i migliori in circolazione. Lui erede dei tre tenori, lei dotata di una voce straordinaria capace di vestire con disinvoltura i panni di Violetta - fu proprio una Traviata londinese a consacrarla nell'olimpo della lirica - o delle grandi eroine pucciniane. D'altra parte era chiara la scelta del Regio di puntare tutto sulla coppia di cantanti: sul palco non c'era un nuovo allestimento, ma quello approntato da Giuseppe Patroni Griffi (regia) e Aldo Terlizzi (scene e costumi) per celebrare il centenario del debutto della partitura pucciniana che proprio Torino tenne a battesimo il 1° febbraio del 1896.
Alagna, che si è fatto annunciare indisposto a causa di un raffreddore, canta magnificamente, dipingendo ad arte la celeberrima Che gelida manina. Non è da meno la Gheorghiu, capace di strappare la lacrima nei punti più commoventi dell'opera - da manuale il suo Donde lieta uscì -, ma imperdonabile per aver sbagliato la sua prima battuta: il soprano esordisce con un «Vorrebbe» al posto del previsto «Di grazia, mi si è spento il lume», errore che denuncia, forse, una mancanza di concentrazione prima dell'entrata in scena, tanto più che quello di Mimì è un cavallo di battaglia della Gheorghiu.

Completano il cast il buon Marcello di Lucio Gallo e la Musetta dalla voce lieve di Donata D'Annunzio Lombardi. Sul podio il torinese Evelino Pidò che offre una buona lettura della partitura, anche se fatica assai nel fare andare insieme, soli, coro, voci bianche, orchestra e banda di palcoscenico nell'impervio secondo quadro.

In platea il vicepresidente della Fiat John Elkann con la neosposa Lavinia Borromeo, gli europarlamentari Jas Gawronski e Gianni Vattimo, ma anche sportivi come l'allenatore della Juventus Fabio Capello che dice: «Sono un appassionato d'opera: appena posso vengo a teatro. E la Bohème fu la prima opera che vidi quando avevo 18 anni». Dopo gli applausi in teatro, Palazzo Reale ha aperto le sue sale (dove dal 1997 non veniva dato un ricevimento) per una cena che ha riunito pubblico e artisti. Bohème resterà in scena a Torino sino al 24 ottobre. Domani unica replica con la coppia Alagna-Gheorghiu: biglietti esauriti da tempo, ma il Regio ha in serbo una sorpresa per gli appassionati della lirica. Domani al Palasport di parco Ruffini l'opera sarà trasmessa su maxischermo in collegamento diretto con il teatro: ingresso libero, i biglietti si possono ritirare da oggi presso il botteghino del Regio.


La Bohème, Teatro Regio 10/12/04
Stephen Hastings, Opera News, January 2005, vol 69, no.7

[...] Not that stars were lacking on opening night: neither Roberto Alagna (Rodolfo) nor Angela Gheorghiu (Mimì) allowed any element of routine or complacency to dull their well-oiled performances. The tenor was announced (to the usual groans) as recovering from a cold, and a slight coarseness in certain open-throated climaxes seemed to confirm that, yet he avoided downward transposition and managed with apparent ease a number of difficult diminuendos that lesser singers don't even attempt. His phrasing was spontaneous, varied, full of ardor and humor in Act I and capable of expressing genuine pain in Acts III and IV. His acting was agile and unself-conscious. Gheorghiu's performance was, if anything, even more complete, combining constantly beautiful, still-youthful tone with telling diction and a stage presence that was moving in restraint. She colored her voice most effectively to convey the mortal sickness of the later acts while maintaining a firmness of line that did full justice to Puccini's melodies. [...]


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This page was last updated on: May 26, 2005