REVIEW La Traviata, La Scala, March 2001 Ovazioni alla «Traviata» di Muti Carlo Maria Cella, La Gazzetta del Sud, 12 March 2001 Alla Scala acclamati i protagonisti e in particolare il maestro Magnifica conclusione della "trilogia verdiana" MILANO - Oltre dieci minuti di applausi, alla fine dello spettacolo. Il pubblico ha chiamato numerose volte tutti gli interpreti al proscenio, così come aveva sottolineato nel corso dell'opera l'apprezzamento per i cantanti e per il coro della Scala diretto da Roberto Gabbiani, con applausi a scena aperta. Ma l'ovazione è stata, ancora una volta, per il maestro Riccardo Muti, quando si è presentato da solo al proscenio. La promessa è mantenuta. Verdi ha avuto dalla Scala quel che il «suo teatro» ha avuto paura di dare. Con «La Traviata» - in replica il 13, 15 e 17 marzo - scorrono i titoli finali sulla «trilogia» che per venticinque anni i melomani hanno chiesto nervosi, pur dichiarandola ineseguibile per estinzione di quella specie misteriosa chiamata «voce verdiana». Forse dopo questi Rigoletto, Trovatore e Traviata tutti si arrenderanno all'evidenza: il vero tramite fra il Duemila e il melodramma dell'Ottocento non sono più i cantanti ma il direttore. Il cuore di un'opera sta, sì, nelle voci, ma il canto passa attraverso di loro e colpisce solo se piegato nelle linee di un disegno imposto dal pensiero forte di chi guida. Nessun cantante è più arbitro della situazione, e questa «Traviata» lo dimostra. Come «Aida», maleficamente dominata dal trionfo di Ramades, che la fa sembrare conclusa quando davvero comincia, anche «Traviata» è attratta dai «Libiam nei lieti calici», «Godiam, fugace e rapido», «Sempre libera degg'io» che sono solo metà, forse meno, della sua realtà. Fosse per i cantanti e i vociomani, ci si potrebbe anche alzare alla fine del primo atto. E invece quella è la parte che, col trascorrere del tempo, meno resta; come segno aggiunto, lo spettacolo di Liliana Cavani (ripreso cinque anni fa e oggi), è «pompier» - di un post-Visconti da «Gattopardo» - nei quadri esteriori, mentre guadagna una sua toccante intimità nel primo quadro del secondo e soprattutto nell'atto terzo. Il soprano Andrea Rost non è lo champagne ideale per la prima scena di «Traviata»; il pubblico però la rispetta e attende cose migliori per dopo. Che per fortuna arrivano, anche da Giuseppe Sabbatini, che sulla corda dolente mostra Alfredo dal profilo buono: fraseggio pulito, espressività, parola tornita. In papà Germont, Roberto Frontali s'infila con la sua voce fresca, che aggiunge forza rispetto ai grandi vecchi del ruolo, ma toglie la patina del vissuto. Il nuovo che Riccardo Muti scopre e svela oggi in «Traviata», è nei molti chiaroscuri aggiunti al percorso della malinconia che scende da «Volete che per sempre a lui rinunzi?» fino alla consapevolezza dell'amore già vissuto, senza futuro. L'aria-svelamento di questa Traviata tutta interiore è una «Parigi, o cara» da brivido, che Muti impone a Sabbatini e Rost tutta in mezzavoce, introiettata, trattenuta in gola. «La vita uniti trascorreremo...la tua salute rifiorirà». L'aria della menzogna d'amore. Il punto d'arrivo di una lettura che, anche in orchestra, fa della nostalgia uno spettacolo delicatissimo. |
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