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L'Europa Riconosciuta,  La Scala, December 2004
Giuseppe Sabbatini as Egisto in Europa Riconosciuta
Photo by Silvia Lelli

Solo "L'Europa riconosciuta" non convince, Il Messaggero, 8 December 2004
Messinscena virtuosa ma solo per mostrare i fasti tecnologici, Il Tempo, 8 December  2004
Uno spettacolo capolavoro, La Repubblica, 8 December 2004
Treasure rediscovered after three-year revamp, The Evening Standard, 8 December 2004
Un Salieri hi-tech [excerpt], Drammaturgia, 19 December 2004 
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Solo "L'Europa riconosciuta" non convince 
Alfredo Gasponi, Il Messaggero, 8 December 2004

Torna dal passato Europa riconosciuta di Salieri e dopo la "prima" il riscontro è di apprezzamento e rispetto ma non di entusiasmo. Se un'opera resta ineseguita per oltre due secoli una ragione ci deve pur essere, anche se tra i motivi bisogna certo mettere una grande complessità scenografica e parti vocali d'incredibile difficoltà. La Scala ha trovato cantanti all'altezza. Le loro voci e la direzione di Riccardo Muti hanno messo in luce i pregi, soprattutto formali, del titolo che inaugurò il teatro nel 1778, ma resta l'impressione di una musica poco ispirata benché efficiente. L'impegno e la bravura di tutti gli interpreti sono stati comunque premiati da dodici minuti di lunghi e caldi applausi, con un'ovazione per Muti.

Dopo il film Amadeus di Forman, che fece di Salieri un emblema della mediocrità, la figura del compositore di Legnago è circondata da un pizzico di diffidenza. Ingiusta. Musicista tra i più accreditati dell'impero danubiano negli anni in cui a Vienna agivano maestri come Gluck, Mozart e poi Beethoven, Salieri fu soprattutto un confezionatore abilissimo di partiture teatrali, attento a ciò che gli stava intorno e sensibile alle esigenze degli effetti, anche strumentali. Il suo apporto al dramma in musica nella parabola che va dalla tragédie lyrique di Rameau e Gluck fino all'opera neoclassica di Spontini e al grand-opéra di Meyerbeer, passando attraverso Idomeneo di Mozart e Medea di Cherubini, non è stato secondario.

Questa Europa però non sembra opera matura. Il linguaggio, benché duttile e ricco, non è personale ma riferibile a tutta un'epoca. I recitativi non hanno la potenza scultorea di un Gluck. E per certi aspetti, come la presenza di due coppie di amanti, il modello è ancora l'opera settecentesca ispirata alla lezione di Metastasio. Bisogna comunque riconoscere che la forma è aggiornata. Dinamica. Si modella sul dramma. Non una collana di arie - sono solo quattro - ma un alternarsi di duetti, pezzi d'insieme, dialoghi tra solisti e coro, parti corali. Correttamente delineati i caratteri dei personaggi: la magnanimità di Europa e l'animo tormentato della rivale Semele con un virtuosismo addirittura esasperato, i sentimenti dei loro innamorati con un canto espressivo, spesso accorato. Un'architettura, insomma, snella ed asciutta, un po' appesantita dal lungo episodio di balletto con musica di maniera, applaudito a scena aperta.

L'opera comincia con una tempesta: e Riccardo Muti, puntuale, vi si è lanciato scatenandone i suoni. Gli ha risposto la nuova acustica del teatro, migliorata dal legno che ha preso il posto della moquette e dunque più amica di strumenti e cantanti. Le voci sono quelle di Diana Damrau, Europa, tessitura siderale che raggiunge il "fa diesis" sovracuto, e di Desirée Rancatore, Semele, altro ruolo incredibilmente impervio. Ancora: Genia Kuhmeier, Asterio, e Daniela Barcellona, Isseo, soprano e mezzosoprano "en travesti", in parti cantabili e piene di palpiti; e Giuseppe Sabbatini, Egisto, personaggio negativo ma dal canto di nobile linea. Muti ha dato vigore ai recitativi accompagnati, incisività agl'interventi del coro, atmosfera e sangue agli episodi chiave: dal momento di stupore che segue il riconoscimento d'Europa alla concitazione della battaglia che impedirà il sacrificio votivo di Asterio. Coro della Scala pronto e compatto; il valore dell'orchestra si riassume nel suono dolce del primo oboe, costantemente impegnato. I piccoli monitor sullo schienale delle poltrone hanno permesso di seguire il libretto sia in italiano sia in traduzione inglese: un adeguamento ai tempi che va nel senso della divulgazione di razza della grande musica.


Messinscena virtuosa ma solo per mostrare i fasti tecnologici
Enrico Cavalotti, Il Tempo, 8 December  2004

Calma! Calma!... Non è che i giudizi di valore concernenti la storia della musica ed i suoi compositori li formulino le prime alla Scala. I teatri, prestigiosi che siano, non trasformano in oro tutto ciò che toccano. Per quanto competenti e virtuosi gli interpreti, un'opera d'arte è ciò che è la sua intima sostanza. Per settimane e mesi, con una concentrazione di fuoco in questi ultimi giorni, si è parlato e scritto di questa prima scaligera, di questa sconosciuta «Europa riconosciuta», di questo Antonio Salieri sottratto ad un ingiusto oblio. Ora la vaga sensazione nell'opinione pubblica è che questa "festa teatrale" del tardo Settecento sia un capolavoro da accostarsi a quelli universalmente noti, e che questo musicista, più conosciuto per il film di Forman su Mozart (ove era accusato di avere avvelenato il Salisburghese) che per il suo reale talento compositivo, sia ai vertici musicali del Settecento europeo. Un equivoco madornale da chiarire.

Questa prima scaligera ha costituito un evento nazionale che la cultura musicale italiana non si era mai sognata di possedere dai tempi di Verdi. Complimenti al Teatro milanese, complimenti alla metropoli lombarda che ha serbato e coltivato una di quelle glorie di cui l'Italia è stracolma e a cui è assolutamente indifferente. Bisogna sottolineare che veri protagonisti di iersera non sono state le musiche di Salieri, né Riccardo Muti, né Ronconi e Pizzi, né i cantanti, bensì la Scala restaurata, le sue meraviglie tecnologiche, il suo riappropriarsi della mondanità e dei fasti cronachistici. Ne sia riprova il fatto che l'opera «Europa riconosciuta» è stata scelta per aver inaugurato il Teatro milanese il 13 agosto del 1778. E soprattutto si consideri che l'attuale messainscena è tutta in funzione di mostrare al pubblico le «maraviglie» avveniristiche del nuovo impianto tecnico del palcoscenico. Protagonista non è la cosa, ma la bravura nel realizzarla.

Al pari Riccardo Muti si pone oggettivamente come l'intelligente cercatore di oro che rintraccia e lucida la "pepita" Salieri. Al pari i cantanti felici e fortunati della rappresentazione, grazie ai ghirigori virtuosistici ed ai sovracuti (fino al fa diesis) che la partitura impone di ricamare e smaltare, hanno dato saggio di una perizia tecnica straordinaria quasi fine a se stessa. Insomma, mai opera lirica e compositore erano stati finalizzati al prestigio ed al vanto della rappresentazione quanto l'«Europa riconosciuta» del buon Salieri ora alla tripudiante Scala. Un'indossatrice in funzione del vestito che indossa in passerella. Ma procediamo per ordine.

Il modestissimo libretto di tal Mattia Verazi è un rompicapo irreferibile animato da personaggi mitologici senza vita che agiscono come fantocci, i cui amori e lotte per il potere non hanno nulla di credibile. La musica di Salieri, accademica e celebrativa, risente fortemente l'influsso di Gluck, ben altra tempra di artista. Decine di opere serie del '700 italiano sono di analogo livello e costituiscono la media.

Di fronte al grigiore delle note, che talvolta si fa noia, Ronconi e Pizzi, più che mai narcisisti, hanno ideato una regia e una scenografia fuori dal tempo e dallo spazio, con un palcoscenico enorme messo a nudo e circondato da luci, fumi, piani semoventi e specchi che consentono al pubblico di osservare ciò che accade tra le maestranze. Solo alcuni oggetti madornali solcano la scena, come una nave vera o una torma di cavalieri rossi su cavalli (di cartone) grigi. Il coro sale dalle profondità del suolo e resta immobile come un popolo di mummie. La direzione di Muti è ammirevole nella sua accuratezza certosina ma neppura essa è in grado di cavare il sangue della poesia dalle rape saleriane. Elogi comunque all'orchestra e al coro scaligero che sotto quella bacchetta compiono miracoli di illusionismo. Non da meno la compagnia del canto di cui ci piace citare Daniela Barcellona, Giuseppe Sabbatini, il migliore, Diana Damrau, Desirée Rancatore e Genia Kuhmeier. Ma ad eccellere è stato il danzatore Roberto Bolle che, con Alessandra Ferri e il corpo di ballo scaligero, ha vivacizzato il lungo balletto su musiche "altre" del Salieri.

Pochi e deboli gli applausi a scena aperta. Il finale è a luci accese in teatro: scendono dall'alto le vecchie poltrone della Scala su cui siede il Coro di fronte alla platea e resta immobile. Al calare del sipario applausi e acclamazioni: i più calorosi per i tecnici e le maestranze scaligere, prima dell'ovazione suprema a Riccardo Muti.


Uno spettacolo capolavoro
Michelangelo Zurletti, La Repubblica, 8 December 2004

Europa riconosciuta di Antonio Salieri è una di quelle opere per le quali non faremmo follie. Certo non è un lavoro straordinario ed è per di più servita dal libretto dilettantesco di Mattia Verazi. L' abbiamo vista, programmata per ragioni di continuità storica, e la dimentichiamo subito. Non senza apprezzarne alcune qualità, soprattutto quelle strumentali. Tuttavia bisogna riconoscere che La Scala ha fatto tutto quel che poteva per riaprirsi alla grande e dare un senso a un lavoro che ne ha poco.

A cominciare dallo spettacolo. Ronconi e Pizzi, tra tante autocitazioni (citano alcuni loro memorabili spettacoli ma citano anche La Scala negli specchi del fondale e perfino gli spettatori scaligeri quando il coro in abito da sera si accomoda nel finale su due file di poltrone calate dall' alto), hanno fatto l' unica cosa possibile: visto che non c' è niente o poco da raccontare tanto vale mostrare come si può raccontare un' opera, con tutto a vista, parco lampade compreso, e i macchinisti al lavoro e quelli che aspettano in quinta il momento dell' ingresso in scena. E naturalmente utilizzano in pieno i marchingegni tutto nuovi del palcoscenico: ecco la nave che avanza, oscilla, si spacca e affonda; ecco la teoria dei cavalli che entrano, si girano e se ne vanno. Ecco il coro che emerge dal sottosuolo, canta e risprofonda in cantina, risparmiando l' onere della gestione in scena. Pizzi si produce, oltre che nelle scene di scale e tuie elegantissime, in costumi generalmente belli, qualche volta ironici (quella Semele cosparsa di lustrini, da vera regina di teatro d' opera), qualche volta bellissimi, come quelli del corpo di ballo e dei due magnifici solisti Alessandra Ferri e Roberto Bolle.

E la musica è servita come meglio non si può. Il tutto è animato con entusiasmo e profonda partecipazione da Riccardo Muti, che nel repertorio classico e neoclassico dà il meglio di sé. Il direttore lavora con masse impeccabili, e lavora benissimo, con grande cura e perfino con ammirazione per una partitura che la merita solo in parte. E ha dalla sua una compagnia di canto senza paragoni. Le due protagoniste assolute, Diana Damrau (Europa) e Desirée Rancatore (Semele), ci fanno ascoltare un canto bello e virtuosisticamente sorprendente. Non sono da meno le due coprotagoniste en travesti, Daniela Barcellona e Genia Khmeier, ed è bravissimo e al solito musicalissimo Giuseppe Sabbatini. Il clamore degli applausi naturalmente è enorme, come potevamo aspettarci.


Treasure rediscovered after three-year revamp
Carlo Vitali, The Evening Standard, 8 December 2004

"La Scala" mutter hardboiled preservationists.

They are incensed by the elliptical tower, housing offices and stage equipment, built as part of the three-year revamp of Milan's opera house.

They believe it dwarfs the stately facade designed by Piermarini and will disfigure the skyline.

Equal discontent has been voiced by many Milanese whose simple holiday pleasures were disrupted when 800 troops were deployed to guard last night's official reopening of La Scala.

In the early afternoon the happy 400 in possession of a ticket (priced up to 72,000) and the 140 "loggionisti", who battled for cheap seats in the upper gallery, began filtering in.

The remaining 1,400 guests included various VIPs (Premier Berlusconi, Simeon Coburg-Gotha, fashion designer Giorgio Armani, Umberto Eco, Sophia Loren, Carla Fracci, politicians, diplomats, military, top businessmen and their families), plus a thin layer of the international press.

However, the president was not among them. After attending the dress rehearsal on Saturday, President Ciampi left for China.

And as laid-off Alfa Romeo workers protested outside La Scala about the "two Milans", Archbishop Tettamanzi warned that something should be done for the impoverished citizenry.

Inside the opera house, the revamped hall was impressive, with its fresh gildings, red velvets and rediscovered 18th century plasterwork. The acoustics have definitely improved, too.

The first offering, Salieri's Europa riconosciuta, the inaugural work in 1778, is no cream puff either. With a boisterous overture depicting a storm, elaborate machinery and hugely manned battles, choruses and ballets, it provided that taste of supreme (if a bit bloodless and undramatic) stage complexity that masters such as Luca Ronconi, Pierluigi Pizzi, Riccardo Muti, love to manipulate for the audience's pleasure.

Tutti bravi, but soprano Desiree Rancatore as Semele and alto Daniela Barcellona as Isseo charmed with their dizzying coloratura, while tenor Giuseppe Sabbatini (Egisto, the only "real" man on stage) squeezed the best out of his relatively minor role.

Un Salieri hi-tech [excerpt]
Elisabetta Torselli, Drammaturgia, 19 December 2004 

[...] Riccardo Muti ha diretto in maniera perfetta e con intimo calore una partitura in cui evidentemente crede a fondo, anche perché ben si attaglia alle sue corde di grande interprete da sempre del repertorio della grande arcata neoclassica, da Gluck a Cherubini, a cui questa musica appartiene o vorrebbe appartenere; sottolineandone i caratteri più drammatici ma senza sacrificio di altri, dalla smagliante vocalità alla grazia squisita delle danze. Lo asseconda un cast di prim'ordine in cui i ruoli virtuosistici di Europa e Semele sono affidati alla bravura di Diana Damrau e della strepitosa Désirée Rancatore, Asterio e Isseo sono Genia

Kühmeier dalla bellissima voce e la sempre autorevole e interessante Daniela Barcellona; ma molto ci è piaciuto anche Giuseppe Sabbatini che ha tratteggiato il cattivo, Egisto, con la consueta miscela di signorilità e incisiva presenza scenica. Le belle coreografie di Heinz Spörli si ispiravano con gusto e fantasia ad una concezione di danza settecentesca pre-romantica, agile e anche atletica ma "bassa" senza lo star sulle punte, idealmente, crediamo, fra Gasparo Angiolini (il coreografo di Gluck) e i "coreodrammi" neoclassici di Salvatore Viganò; impeccabilmente eseguite dal corpo di ballo scaligero hanno avuto come étoiles Elisabetta Armiato e Alessandro Grillo. Successo e pubblico quasi incredibili per la sesta recita di un'opera settecentesca pressoché sconosciuta, giustificabili con il carisma dell'applauditissimo Muti e con la voglia di tornare finalmente nel teatro del Piermarini. La recita di cui riferiamo era stata aperta da Muti con una sobria ma toccante commemorazione di Renata Tebaldi, morta senza aver potuto rivedere la sua Scala come aveva sperato fino all'ultimo. [...]


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This page was last updated on: December 11, 2005