Cantare con lui è un tuffo in un mare di musica Il Giorno, 27 July 2000 MILANO - Eccolo qui, il «tenore della Scala». La definizione è doc perché è di Carlo Fontana, che del teatrone de' teatroni è il sovrintendente. Tenore della Scala, quindi anche di Muti: e infatti Giuseppe Sabbatini, 42 anni, romano, è quello che canta più spesso con il maestro. L'ultima volta, lunedì scorso al Bolshoi di Mosca, solista nella Nona di Beethoven nel famoso assolo che per molti è la colonna sonora di un noto spot di una notissima ditta di orologi, ma per il tenore un sesto grado. Se c'è qualcuno che ha visto il maestro da vicino, è Sabbatini: «e dire che iniziò malissimo» Racconti. «La prima volta che mi feci ascoltare fu un'audizione per Traviata. E non mi scritturò. Peggio nel '91, quando, "doppio" di Gosta Wimbergh, protagonista dell'Idomeneo di Mozart che inaugurava la stagione, cantai una sola recita, non mi piacqui e soprattutto non piacqui a lui». E poi? «Poi passarono cinque anni, finché, nel '96, mi scelse per lo Stabat Mater di Rossini. Andò bene e mi chiese Rigoletto. Io subito gli dissi di no». Perché? «Perché quel Rigoletto era stato pensato per Roberto Alagna, che ha una voce diversa dalla mia. E qui comincai a capire Muti: mi invitò a parlarne a casa sua a Ravenna, dove fu molto gentile ma smontò le mie obiezioni una a una. Risultato: cantai Rigoletto. Il resto è noto». Lo ricordi. «Con lui ho fatto Traviata, Don Giovanni, la Grande Messa di Mozart, quella di Bach e, appunto, la Nona». Brani, di solito, lontani dagli usi e costumi dei tenori italiani. «Purtroppo. Però di Muti mi fido. Quando mi ha detto: "Sarai il primo italiano a cantare Bach a Salisburgo", cosa potevo replicare? Solo "grazie". Invece di poter cantare la Nona l'ho chiesto io. E' come il cameo di un attore che di solito recita in parti principali. Ma che emozione: penso di essere uno dei pochi artisti che la Nona l'ha sia cantata sia suonata, quando ero primo contrabbasso all'Arena di Verona». Com'è lavorare con Muti? «Affascinante. E' come buttarsi in un mare di musica: bellissimo, a patto di saper nuotare. Cioè di non essere solo una voce, ma anche un musicista». Ma Muti ha fama di spaccavoci e mangiacantanti. «Gli unici che ammazza sono i capoccioni. Mi spiego: lui fa ripetere un brano o anche solo poche note finché non "escono" come le vuole lui. Chi è sveglio, capisce subito. I capoccioni si sgolano a lungo. Tutto qui». I vostri prossimi impegni in comune. «Il Requiem di Verdi in settembre, in tournée con la Scala in Giappone: per me è un debutto, ma con Muti sono tranquillo. Poi, nella prossima stagione milanese, Traviata». Il momento più bello della vostra collaborazione. «Almeno due. Primo: "Parigi o cara" di Traviata, fatto finalmente come Verdi comanda, dove Muti è sublime. E l'aria "Dalla sua pace" del Don Giovanni, dove l'impressione è quella che l'orchestra ti accarezzi le orecchie». Vi date del tu o del lei? «Io del lei, com'è giusto. Lui anche, tranne quando è molto soddisfatto. Allora passa al tu, e sono soddisfattissimo anch'io». |
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