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Zelmira, Rossini Opera Festival, Pesaro, August 2009
Juan Diego Flórez as Ilo
Zelmira, Rossini Opera Festival, Pesaro 2009


          Sangue, torture e prigioni ma «Zelmira» su tutto trionfa, L'Unità, 11 August 2009
          Nella "Zelmira" di Pesaro Rossini tradito dalla regia, La Stampa, 12 August 2009
          Zelmira apre con successo il Festival Rossini, AGI, 10 August 2009
          Italy's annual Rossini festival celebrates its 30th birthday in style, The Telegraph, 14 August 2009
          Il regista stravolge Rossini..., ll Giornale, 11 August 2009
          Rossini Opera Festival II: Todavía una rareza, Mundo Clasico, 12 August 2009.

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Sangue, torture e prigioni ma «Zelmira» su tutto trionfa
Luca Del Fra, L'Unità, 11 August 2009

Applausi per la direzione di Roberto Abbado alla guida dell'Orchestra comunale di Bologna, fischi per la regia di Barberio Corsetti: com'è come non è, il Rof ancora una volta in bilico tra rituale e innovazione.

A circa mezzora dall'inizio di Zelmira, opera che ha inaugurato domenica a Pesaro il Rossini Opera festival, l'Adriatic Arena è esplosa in un'ovazione interminabile: ancora una volta era scoccata la magia rossiniana in questa rassegna che possiamo oramai dire costituzionalmente tra il rituale nostalgico e la riscoperta innovativa. Che affascinante bizzarria, ritrovare da circa trent'anni ogni estate gente arrivata dai più disparati paesi del mondo in una piccola cittadina sull'Adriatico a infervorarsi, tra contestazioni feroci e sperticate effusioni affettuose: il tutto per le partiture di un compositoremorto da più diun secolo.

Roba da scienze sociali si direbbe, ma a dire il vero quest'anno lo scatenamento della folie rossiniana parte precisamente dalla buca d'orchestra. Roberto Abbado tornava a dirigere a Pesaro dopo un indubbio successo personale riscosso l'anno scorso con un'altra opera seria, Ermione. Era lecito aspettarsi una interpretazione inscia, al contrario Abbado ha fatto un lavoro completamente diverso: alla ricerca diuna tinta generale e di un'arcata unica, ha preferito stavolta la varietà, puntando a esaltare i singoli quadri inunpolittico di indubbia coerenza. L'orchestra del comunale di Bologna, lo ha seguito nel suo encomiabile senso del ritmo e in una ricerca di colori sempre in equilibrio tra l'effusione timbrica e il rispetto delle voci. Abbado dà la cifra dell'intera serata rendendo a tutto tondo una delle partiture più sontuose di Rossini, con cui il compositore si congedava da Napoli per dare l'assalto all'Europa.

Un assalto peraltro condotto con astuzia, considerando che Zelmira ha un intreccio che i musicologinon si risparmiano mai di definire abborracciato, come se all'opera si chiedesse realismo e rigore. Che volete che sia un usurpatore ammazzato da un altro usurpatore  antefatto - e cioè da quell'Antenore che si fa incoronare re, mentre il legittimo sovrano, Polidoro, è ascoso nellatombadi famiglia per opera della figlia Zelmira che, povera!, non riesce a mettere a parte di tutto suo marito Ilo, appena tornato da una guerra, e vieneperciò messa in ceppi in una mirabolante fine d'atto primo, mentre il secondo si conclude nella oscurità d'una segreta dove irrompe un rinvenuto Ilo a salvare dalle mani dei cattivi il legittimo re e la principessa.

Insomma una storia di sovrana legittimità, al suo debutto nel 1822 tanto piacque al buon Metternich, e dove l'amor filiale, materno e paterno prendeva il posto della sensualità del melodramma, per il sollucchero della Santa Alleanza. Amen

Piuttosto che lasciarsi allegramente andare a tanta pretestuosità, Barberio Corsetti diciamo
così ci crede: la sua regia tende a spiegare ed evidenziare la violenza degli usurpatori mostrando, attraverso uno specchio, ciò che accade «sotto il palcoscenico » e cioè dietro le quinte del potere. Sangue, simboli nefandi, torture e prigioni, formano una costellazione di immagini suggestive, certo coerenti e che tuttavia si attacca poco a quanto accade nel libretto. A fine serata le contestazioni del pubblico sembrano ricordare il precetto aristotelico che nella tragedia i momenti cruenti nondevono vedersi e consigliare di preoccuparsi soprattutto di quanto accade in scena, più che sotto.

Vocalizzi acrobatici

Le opere di Rossini sono costruite per le voci, senza non si accendono: tornava a Pesaro Juan Diego Flórez, tenore figliol prodigo di questa rassegna dove si è rivelato nel 1996 per imporsi poi in tutto il mondo. Nella parte di Ilo a lui toccano le arie tecnicamente più difficili: un po' nervoso all'inizio, Flórez unisce alla piacevolezza del suo canto l'arditezza del vocalizzo acrobatico. La scoperta di quest'anno è però Kate Aldrich, soprano su cui pochi avrebbero scommesso in partenza: come Zelmira rivela una linea vocale tornita ed eccellenti doti di coloratura nella sua aria conclusiva.

Ecco Gregory Kunde, giù il cappello!, come i gatti sembra avere sette vite questo storico tenore della rassegna, e nei panni del perfido Antenore per sensibilità musicale e interpretativa è probabilmente il più bravo assieme ad Alex Esposito, Polidoro, e alla eccellente Marianna Pizzolato,
Emma. Ma bisognava poi sentirli nei pezzi d'assieme concertati mirabilmente da Abbado: non stupisce a loro sia andato il più caloroso applauso del Rof
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Nella "Zelmira" di Pesaro Rossini tradito dalla regia
Paolo Gallarati, La Stampa, 12 August 2009

Vienna, aprile 1822. Rossini porta la sua Zelmira, rappresentata a Napoli il mese prima ed è un trionfo. L'opera è aspra, severa, inserita sulla linea di Ermione. Le melodie sono quasi sempre spezzate, i vocalizzi articolati in dentellature taglienti; le forme tendono ad aprirsi per seguire l'andamento degli affetti e, soprattutto, i recitativi scavano nelle situazioni con un'originalità strumentale e una forza declamatoria notate con stupore dai contemporanei. Nell'insieme, il colorito è cupo, talvolta perfino violento cosicché, a seconda dell'esecuzione, questa strana Zelmira può apparire arida, oppure piena di eccitazione febbrile.

Questa era l'impressione avuta dopo la prima, folgorante esecuzione pesarese, nel '95. Quella che domenica ha inaugurato il Rossini Opera Festival, all'Adriatic Arena, ne ha, in parte, rinnovato il ricordo, grazie alla presenza del tenore Juan Diego Flórez, voce gelida e penetrante, l'ideale per questo repertorio e per il personaggio del guerriero Ilo, sempre in bilico tra espressione drammatica e voli nei più spericolati gorgheggi. Flórez piazza senza sforzo note acutissime, lasciando capire che potrebbe volteggiare liberamente ancora più su, ma nello stesso tempo scolpisce le parole in modo che non se ne perda una. Ne deriva un magnetismo scenico che rende interessanti anche le pagine povere di melodia. Gli altri cantanti non hanno lo stesso potere attrattivo, a parte Marianna Pizzolato, che ha incantato nell'aria di Emma, «Ciel pietoso, ciel clemente», dolcissima preghiera accompagnata dall'arpa come l'aria di Zelmira «Perché mi guardi», altra gemma dell'opera: e Kate Aldrich l'ha cantata con stile e molta commozione. Curiosamente, in questo dramma guerresco le parti più belle sono riservate ai rapporti familiari, giocati tra Ilo, Zelmira e suo padre, lo spodestato re Polidoro, ben cantato da Alex Esposito. Alla voce del tenore Gregory Kunde, un veterano del canto rossiniano, era affidato il violento usurpatore Antenore: parte difficilissima, superata con onore.

Su tutto ha governato la bacchetta di Roberto Abbado: direzione finissima, agile, precisa, piena di vivacità e di morbidezza e capace di trascinare tutti verso il trionfo finale. Non così per lo spettacolo, sonoramente contestato, di Giorgio Barberio Corsetti. L'alta tecnologia ha effetti notevoli: un grande specchio flessibile, ossia soggetto a ondulazioni che muovono le immagini, riflette sullo sfondo ora l'orchestra e il direttore, ora varie figure, viste in vertiginose prospettive dall'alto. Ma a tanta bravura illusionistica, dovuta a Gianluca Cappelletti, non corrispondono soluzioni utili per l'azione; i militari che strisciano nella sabbia, o i corpi sanguinanti che si contorcono, distraggono dalla musica; i costumi moderni dei parà, con elmetto e mitra, visti mille volte, oppure dei sacerdoti, vestiti da preti greco-ortodossi o, ancora, dei notabili in doppio petto, finiscono per apparire involontariamente ridicoli. Movimentare l'opera seria rossiniana, eminentemente statica, è cosa notoriamente difficilissima; ma rinunciare alla bellezza (Pizzi) o all'ironia (Ronconi) impone di scegliere una terza via, che Barberio Corsetti sembra individuare nel virtuosismo tecnologico e multimediale, certamente pieno di possibilità, ma ancora da chiarire nei mezzi e nei fini.
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Zelmira apre con successo il Festival Rossini
AGI, 10 August 2009

Successo globale per 'Zelmira', che ha inaugurato ieri sera la trentesima edizione del Rossini Opera Festival. Il pubblico - circa 1500 persone ospitate nello spazio teatrale, ricavato con risultati del tutto funzionali, all'interno dell'Adriatic Arena - ha tributato al cast 10 minuti di sonori applausi, interrotti soltanto da decisi dissensi nei confronti della regia di Giorgio Barberio Corsetti. Non ha convinto la sua attualizzazione della vicenda, ambientata dal libretto nell'antica Grecia. All'isola di Lesbo rimandano soltanto alcune statue gigantesche che incombono sulla scena; per il resto sul palcoscenico ci sono soldati in tuta mimetica con fucili e pistole, monaci ortodossi e personaggi femminili che indossano abiti piuttosto anonimi. Un allestimento che predilige l'oscurita' e le luci radenti e che ha il suo punto di forza nella presenza di uno specchio gigantesco, posto a 45 gradi, che replica cio' che accade sulla scena e soprattutto rivela quello che avviene nel ventre della terra. Il resto e' stato un trionfo: un cast eccezionale, sia per la bravura dei singoli interpreti, applauditi spesso e a lungo a scena aperta, che per il grande equilibrio fra i vari ruoli. Sul palcoscenico si e' consumato un vero 'duello' fra i due tenori, Gregory Kunde nel ruolo di Antenore, usurpatore del trono di Lesbo, e Juan Diego Florez, che impersona Ilo, il principe troiano sposo di Zelmira. Il tenore americano ha disegnato a tutto tondo, sia vocalmente che dal punto di vista scenico, un tiranno malvagio e senza scrupoli mettendo in rilievo tutta la sua esperienza belcantistica nei pezzi di bravura a lui affidati come l'aria 'Mentre qual fera ingorda'.

Che dire di Juan Diego Florez? Il pubblico lo ama alla follia. Da parte sua il tenore peruviano, nato artisticamente proprio a Pesaro, ha ricambiato con una performance di altissimo livello, riuscendo a conferire al suo personaggio una consistenza drammatica di tutto rispetto. A scatenare l'entusiasmo del pubblico e' stata in particolare la Cavatina di Ilo, brano acrobatico che Florez ha affrontato con disinvoltura affascinando gli ascoltatori con la sua sensuale vocalita' anche nel successivo duetto con Zelmira. Molto apprezzata la prova di Marianna Pizzolato nel ruolo di Emma, confidente di Zelmira che ha riportato un successo personale nella dolcissima aria del secondo atto "Ciel pietoso, ciel clemente", scritta da Rossini per la versione viennese del 13 aprile 1822. Eccellenti i comprimari, specie il Polidoro di Alex Esposito e il Lucippo del riminese Mirco Palazzi.L'interprete del titolo, la bella americana Kate Aldrich, al suo debutto al Rossini Opera Festival, ha acquisito sicurezza e vigore drammatico nel corso dell'opera, impegnata in un ruolo non facile che concede al personaggio uno spazio tutto suo soltanto al termine del secondo atto con la commovente 'Da te spero, o ciel clemente', nell'ambito del finale parigino del 1826.

A questo proposito, quella che si e' ascoltata ieri sera e' stata la versione, per cosi' dire, piu' completa di 'Zelmira', con circa 20 minuti di musica mai ascoltati prima, che Rossini aveva 'tagliato' per esigenze legate alle consuetudini della Comedie Francais. Un'idea del direttore, Roberto Abbado, che con quest'opera ha bissato lo strepitoso successo ottenuto un anno fa con 'Ermione'. La lettura approfondita della partitura e la sua direzione ispirata - nonostante un fastidioso trauma al tendine d'Achille - hanno mantenuto sempre alta la concentrazione musicale e drammatica, mettendo in luce anche le pieghe piu' recondite dell'altissima manifattura rossiniana, assecondato dall'Orchestra del Comunale di Bologna in autentico stato di grazia e dal Coro del Teatro Comunale di Bologna sempre all'altezza della situazione.
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Italy's annual Rossini festival celebrates its 30th birthday in style
John Allison, The Telegraph, 14 August 2009

No great composer's fame rests upon so few works as Rossini's, and no one wrote more masterpieces still awaiting full appreciation. That's good news for the Rossini Opera Festival, held annually in his birthplace of Pesaro, for it has plenty of ground to cover before it begins recycling itself. The 30th festival opened last Sunday with Zelmira and next year's edition has already been announced to include Demetrio e Polibio and Sigismondo.

Premiered in 1822, Zelmira crowned Rossini's Neapolitan years. His style had advanced from work to work, making this a sophisticated score with a character all of its own. Even if the plot is structured around archetypes and conventions, the telling of it is emotionally intense. Set on the island of Lesbos against the background of the Trojan War, it relates the sufferings of a wronged heroine, Queen Zelmira, and the machinations that beset her  right up to a happy ending.

Rossini's orchestral colour is distinctive here and the dark power of some episodes recalls Mozart at his most serious, or even Beethoven  a reminder of why Rossini was nicknamed Il tedesco, the German. Yet the dramatic whirlpool into which we are sucked right at the start shows how he anticipated Verdi.

Giorgio Barberio Corsetti's production mixes old symbols with new: ruined Classical statues lie in the sand while contemporary troops brandish machine guns. His set is dominated by a huge, tilting mirror that reveals disturbing images of victims of war under the grid of the stage. But his direction is indeed more about images than character development, which is damaging in such a long opera.

Roberto Abbado's conducting is no more than efficient, but the singing reaches that level of excitement on which Rossini depends. One of the United States's seemingly endless supply of top-class Rossinians, Kate Aldrich, sings the title role with glittering coloratura and great musicality. Returning to the place that propelled him to fame, Juan Diego Flórez delivers laser-like top notes as Zelmira's husband, Ilo. The villainous usurper Antenore is sung with virile tone by Gregory Kunde, and the cast also includes wonderfully vibrant mezzo Marianna Pizzolato as Zelmira's confidante, Emma.
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Il regista stravolge Rossini, il pubblico fischia E a salvare la «Zelmira» non basta il bel canto
Paolo Scotti, ll Giornale, 11 August 2009

Ovazioni e fischi. Deliri e «buuuuh!». Se mai ci fu un fallimentare successo - una serata, cioè, che si sia schizofrenicamente divisa fra trionfo e fiasco - questa è stata la prima della Zelmira che, domenica sera a Pesaro, ha celebrato il trentennale del più prestigioso festival lirico italiano. Accanto ai frenetici applausi tributati a star del calibro di Juan Diego Florez o Gregory Kunde, e a divi emergenti quali Kate Aldrich e Marianna Pizzolato - autori di prestazioni d'assoluta eccellenza - il pubblico s'è infatti scatenato contro le fumose e indecifrabili trovate del regista Giorgio Barberio Corsetti, responsabile d'una messinscena inqualificabile. E quando costui s'è presentato al pubblico, le acclamazioni si sono tramutate in fischi.
Andiamo per ordine. Zelmira non è opera facile. Dotata d'un libretto sbilenco, è musicalmente disuguale, e dura troppo. A peggiorare le cose ci si è messo lo scrupolo filologico che, talvolta, è nemico giurato dello spettacolo: 20 minuti di musica in più, che Rossini stesso tagliò e che invece qui è stata ripristinata, col risultato di allungare la serata a 210 interminabili minuti. Come diceva Verdi, il pubblico tutto sopporta tranne la noia: e a rendere insopportabile questa altrimenti magnifica Zelmira ha provveduto Barberio Corsetti. Innanzitutto immergendola per tre quarti in un buio talmente pesto da appesantire le palpebre ai già provati fra gli spettatori; quindi imponendo ai cantanti un'immobilismo tale da sfociare nella più soporifera delle staticità; infine dotandola d'invenzioni risapute (i soliti militari, dai Caschi blu dell'Onu ai «tupamaros» stile sudamericano) quando non addirittura inspiegabili, come lo specchio inclinato, che riflettendo il pavimento sotto i piedi dei cantanti, svelava un sottosuolo popolato di misteriosi figuri. Il risultato era peggio che incomprensibile: nel costringere il pubblico a raccapezzarcisi, diventava anti-teatrale. Un vero delitto, pensando alla meraviglia del cast. C'è voluta insomma tutta l'abbagliante arte di Florez, insuperabile nella cavatina del primo atto, la magnifica intensità della Aldrich e della Pizzolato, splendide nel duettino «Perché mi guardi e piangi», l'eccellenza della direzione orchestrale del grande Roberto Abbado, per controbilanciare i guasti di una messinscena più che punitiva. Inutile.
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Rossini Opera Festival II: Todavía una rareza
Jorge Binaghi, Mundo Clasico,  12 August 2009.

El plato fuerte del Festival residía en la exhumación de este poco frecuentado título, que aquí mismo no ha tenido nunca una edición 'definitiva'. En este caso se ha utilizado la versión de París de 1826 establecida por Helen Greenwald y Kathleen Kuzmick Hansell para la Fundación Rossini (que Rossini supervisó en persona y en la que, además de otras modificaciones, introdujo un rondó final a la intención de la Pasta, protagonista en aquella ocasión).

Aunque se han introducido modificaciones en la estrambótica Adriatic Arena (uno se pregunta por qué el nombre en inglés) a la espera de la recuperación del Palafestival, para lo que habrá que esperar aún dos años, lo único que se puede decir en su favor es que el aforo es considerable. Pero la ubicación geográfica (incluso con transporte gratuito) es espantosa y la acústica, que no era nada extraordinario, se ve perjudicada por un eco molesto en particular de los instrumentos (por suerte casi nunca de las voces).

No gustó la puesta en escena, de la que puede decirse que es prescindible en la dirección de actores y no muy feliz en sus intentos de actualización en particular en las escenas o detalles bélicos, que nunca logran dar un aspecto más moderno a la ópera y sí en cambio distraer en momentos como la gran aria de entrada de 'Ilo' (por supuesto que cuando canta Flórez ya pueden poner lo que quieran que el público hará abstracción de todo lo que no sea el canto de oro puro de uno de los grandes de nuestra época, en particular en este repertorio). La mezcla de épocas en vestuario y el decorado más bien 'clasicizante' terminaron de completar el desaguisado.

Por suerte aquí tuvimos una auténtica dirección en la figura de Roberto Abbado que no sólo hizo sonar a la orquesta de modo magnífico, sino que concertó con todo el dramatismo y el espesor que requiere una obra cuyo libreto no será una joya pero que posee una música de primerísima calidad (y por suerte no se le ocurrió hacer de 'especialista'). El coro tuvo también una actuación relevante en su única actuación en el Festival de este año y su maestro fue muy aplaudido.

Sperandio fue un correcto 'Gran Sacerdote' y Brito un apenas discreto 'Eacide'. Palazzi no tiene aria, pero su pérfido 'Leucippo' le permitió exhibir sus puntos de fuerza de volumen y sonora voz de bajo, y también sus debilidades que tienen que ver con momentos en que el timbre se empaña, un agudo muchas veces forzado sin necesidad y algún fraseo poco convincente.

Pizzolato es una 'benjamina' del público y recibió muchos aplausos. Pudo contar con el aria para 'Emma' al principio del segundo acto, que cantó bien con buena voz pero algo corta y árida en el agudo y sin mayor convicción en la interpretación.

Justamente esto último es lo que caracterizó la prestación de Aldrich, de excelente articulación y un canto justo y equilibrado. Claro que la cantante americana (al parecer adoptada por el Festival) tiene el 'inconveniente' de ser una verdadera mezzo y aunque el rol fue para una Colbrand en momento descendente y una voz probablemente 'anfibia', el registro central es muy exigido, y la cantante era una virtuosa en cualquier caso, por lo que a Aldrich se la oyó más de una vez tirante y/o con problemas de respiración. Al haber incorporado el rondó final para la Pasta se le agregó una ulterior dificultad a un rol que se las trae, y que hasta ahora ni Gasdia ni Devia habían conseguido recuperar en su totalidad. Ya vemos que por este lado tampoco estamos ante una interpretación 'completa', pero sí ante la más satisfactoria para el rol (que luego la hagan cantar como 'soprano' la partitura para esa cuerda de la Petite Messe es algo más bien peligroso para la voz, sobre todo si se planea para el año próximo La cenerentola, pero los cantantes son muy dueños de hacer lo que crean justo o interesante).

Los tres roles masculinos principales fueron los que verdaderamente hicieron reverdecer los fastos del canto rossiniano sin reserva alguna. 'Polidoro' es un papel difícil y sin gran posibilidad de lucimiento salvo quizás su arioso o cavatina inicial. Disfrazado de anciano cadavérico, Alex Esposito demostró que no necesita apelar a sus grandes dotes de actor (fue una lástima) y que puede sacar de un personaje más bien monocorde y pasivo el mayor partido a base de cantar con su magnífica voz y su soberano estilo (más aún que esa escena inicial y el terceto siguiente se distinguió en todas sus intervenciones de la segunda parte, incluidas las breves -pero difíciles- frases intercaladas en el rondó final de la protagonista en las cuales su sincronización con Flórez fue memorable).

Y así se llega a las dos estrellas de la velada, los papeles escritos para David y Nozzarri. Hubo un momento en que Blake y Merritt (éste lamentablemente un fenómeno de corta duración) resultaron ideales. Nunca creí que pudiera asistir a una nueva representación de Zelmira y menos con otro par de ases.

Con Flórez es cada vez más difícil hacer una reseña: 'Ilo' parece escrito para él; no le causa problema alguno, la voz corre fácil y bella, la articulación es ejemplar, el artista interesante. Aún recuerdo cuando se alternaba con Kunde como 'Elvino' de La sonnambula en la Scala junto a la Dessay de los grandes días.

El 'baritenor' en que ha logrado convertirse Kunde, aunque haya notas veladas y el aria de salida del usurpador 'Antenore' no le salga bordada, va creciendo con cada intervención (¡qué italiano!) hasta llegar a su gran escena final demostrando lo que pueden la técnica y el trabajo en una voz que nunca fue 'bella' y que luego de un bache reapareció para dejarnos boquiabiertos aun cuando haya indicios de veteranía. La clase y el señorío escénico hacen el resto.

Aunque estuve bien acompañado, no pude menos que registrar la ausencia de otra 'Zelmira', que en cambio se sentaba a mi lado en Roma: permítanme recordar aquí a mi madre.

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