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Concert, Teatro Rossini, Pesaro, 9 August 2008
Juan Diego Flórez in the Teatro Rossini, Pesaro, 9 August 2008


          Ovazioni per il tenore Florez, Il Resto del Carlino, 10 August 2008
          Florez, ovazione da dieci minutiIl Giornale, 11 August 2008
          Flórez incanta Pesaro, L'Arena, 11 August 2008
          Affascinati da Florez principe del belcanto, Il Corriere Adriatico, 11 August 2008
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Ovazioni per il tenore Florez
Il Resto del Carlino, 10 August 2008

Rof, l'avvio è in grande stile

Il tenore peruviano Juan Diego Florez, osannato dal pubblico, ha conquistato tantissimi applausi e richieste di bis. Ad affiancarlo c'erano la soprano

Ad affiancarlo c'erano la soprano moscovita Julia Lezhneva. Accompagnamento dell'Orquestra de la Comunitat Valenciana e del coro da camera di Praga, con la direzione di Alberto Zedda. Maxischermo in piazza del Popolo

Entusiasmo alle stelle e quasi 15 minuti di applausi per il concerto che ha inaugurato la ventinovesima edizione del Rossini Opera Festival al Teatro Rossini. Stessa accoglienza calorosa, con punte di tifo quasi da stadio, in Piazza del Popolo dove un maxischermo ha permesso a centinaia di persone di seguire gratuitamente la kermesse.

Si è trattato, come annunciato, di un prezioso concerto a tema, e non di una passerella ad uso e consumo di una stella brillantissima della lirica, il che tuttavia non ha impedito che la serata ruotasse intorno al tenore Juan Diego Florez, accolto da applausi affettuosissimi e da ripetuti 'Bravo!'

Teatro gremito e con un pubblico eterogeneo, dove hanno primeggiato per consistenza numerica e per curiosità i melomani giapponesi. Il concerto è stato tratteggiato con intelligenza e sensibilità ed è riuscito nell'intento dichiarato di illustrare 'il presagio romantico', illuminando quello spazio tra vocalità belcantistica e romanticismo che Rossini ha riempito con le sue opere, attestando la nascita del tenore romantico attraverso pagine tratte da due opere splendide come 'La donna del lagò e 'Guillaume Tell'.

E proprio con l'ouverture del 'Tell', autentico capolavoro strumentale dell'ultima opera composta dal pesarese, ha avuto inizio il concerto che ha immediatamente rivelato un Orchestra coi fiocchi, quella de la Comunitat Valenciana, guidata con vigore e passione dal maestro Alberto Zedda, direttore artistico del festival e nume tutelare della Rossini renaissance. Zedda è un fenomeno della natura: dirige con tutto il corpo e persino con il viso.

L'energia e l'entusiasmo con cui affronta e traduce per l'orchestra e per il pubblico i segreti della musica rossiniana sono il frutto dello spessore culturale e musicologico, che si riversano inevitabilmente sulla lettura della partitura. L'Orchestra, come del resto il Coro da Camera di Praga, presenza di specchiata professionalità, hanno risposto con prontezza e determinazione alle sollecitazioni del direttore: tutto è filato liscio.

Nella parte propriamente lirica del concerto che ha aperto il Rof hanno primeggiato Florez e Julia Lezhneva, giovane soprano russo a cui è stata offerta l'occasione ghiotta di affiancare il tenore peruviano. Per nulla intimidita la Lezhneva ha indossato con disinvoltura i panni di Elena de 'La donna del lago' e quelli della nobile Mathilde di 'Guillaume Tell'. Di grande impatto emotivo il Duetto Elena-Uberto 'Le mie barbare vicende...', in cui gli interpreti hanno reso con efficacia il clima di concitata passione attraverso impetuosi procedimenti belcantistici.

Florez poi ha raccolto autentiche ovazioni nell'aria di Uberto 'Oh fiamma soave, ricca di ricercate fioriture che il tenore ha risolto con straordinaria eleganza e naturalezza, e in quella di Arnold 'Asile hèrèditaire', una pagina straordinaria, forse il momento supremo del 'Tell', che si configura come una cabaletta eroica dalla vocalità emotivamente irresistibile. Con questo concerto Florez, ha dimostrato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che essere un fuoriclasse significa anche lavorare di cesello, muoversi nel terreno minato della scrittura belcantistica con misura e raffinatezza, consapevole che il carisma non si misura dalla durata degli acuti, ma dalla capacità di trasmettere emozioni e di far vibrare le corde più intime dell'animo dell'ascoltatore.
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Florez, ovazione da dieci minuti
Paolo Scotti, Il Giornale, 11 August 2008

Pesaro un Rossini d'altri tempi

Fossimo ancora ai tempi di Rossini, gli avrebbero staccato i cavalli dalla carrozza, e l'avrebbero condotto in trionfo, a braccia, fino all'albergo. Oggi si sono accontentati di battergli le mani, ma tutti a ritmo, per quasi 10 minuti. Come a dire che, nella sostanza, il trionfo di Juan Diego Florez - il tenore rossiniano più acclamato dell'opera contemporanea - non dev'essere stato troppo dissimile da quello dei suoi «colleghi» divi di 160 anni fa. Per l'attesissimo, unico concerto della star peruviana al Rossini Opera Festival di Pesaro, sabato sera, erano infatti giunti melomani da ben 35 Paesi del globo intero; la città rossiniana aveva dovuto allestire un maxischermo in piazza per consolare i 3mila fan rimasti fuori, a bocca asciutta; e la stampa internazionale aveva dovuto accontentarsi (e questo sì, che è stato uno choc degno d'altro tempi) di un solo biglietto per testata giornalistica.

Risultato: deliri da gran premio di F1 e ovazioni da curva sud, da parte di spettatori competenti e cosmopoliti che sono come la creme de la creme, d'un pubblico già elitario di suo, come quello dei festival internazionali. Ma tutto questo si spiega facilmente: nell'arte del canto rossiniano, morto e sepolto per più di un secolo e ricondotto a fulgida gloria dai 30 anni dello straordinario Festival pesarese, Florez è oggi uno dei divi più amati. E non è finita: a Pesaro l'hanno impegnato nel Rossini meno ovvio e pre-romantico, quello de La donna del lago e soprattutto del Guillaume Tell dal quale il Nostro preferisce ancora tenersi lontano. Così, al gusto della consacrazione «in casa», s'è aggiunto quello della inedita sfida; e tutti attendevano il divino Juan al varco del celeberrimo «do di petto» dell'aria «Avile hereditaire»: quello coniato nell'800 per primo dal tenore Duprez, e da allora in poi il discrimine che distingue un tenore-divo da un tenore e basta.

Coadiuvato dal soprano Julia Lezhneva, sostenuto dal direttore d'orchestra Alberto Zedda, Florez ha dispiegato per due ore il suo canto di scintille e di velluto, terso, lucente, acrobatico. Fino a sfoderare il fatidico «do». E a questo punto - consentite anche a noi di concludere come avrebbero fatto ai tempi di Rossini - «se n'è venuto giù il teatro».
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Flórez incanta Pesaro
Cesare Galla, L'Arena, 11 August 2008

Il tenore peruviano festeggiato dal pubblico con un uragano di applausi e richieste di bis

Quando l'anno scorso è stato reso noto che il Rossini Opera Festival 2008 si sarebbe aperto - fuori di tradizione - con un concerto «speciale» del tenore Juan Diego Flórez, è cominciata una corsa frenetica al biglietto. Ovvio che l'altra sera il teatro fosse esauritissimo (i posti erano introvabili da mesi), un po' meno scontato verificare come veramente la «fede rossiniana» non abbia confini. In sala c'erano spettatori da 35 nazioni, provenienti letteralmente dai quattro angoli della terra, dall'India alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti al Giappone; in piazza, dov'era stato allestito un maxischermo, una folla festante e adorante.

Con Flórez, succede così. In fondo, questo magnifico tenore, nel rigoglio di una giovanile maturità travolgente di energia (ha 34 anni) ha un repertorio molto selezionato che tralascia gran parte delle opere più rappresentate, da Verdi in avanti. Ma è il divo rossiniano del momento, il cantante che sembra ridare vita al mito delle voci per cui Rossini scriveva le sue opere. E ogni volta crea la magia. Anche fuori dal contesto scenico, anche in una serata in cui tutto gira davvero esclusivamente intorno alla sua voce.

Beninteso, noblesse "festivaliera" oblige, l'altra sera non è stato proposto un banale concerto di arie. Sotto il titolo «Il presagio romantico» il direttore artistico del Rof Alberto Zedda (nell'occasione salito sul podio della brillante Orquestra de la Comunitat Valenciana) ha infatti riunito pagine di due opere soltanto, «La donna del Lago» e «Guillaume Tell». Della prima, una lunga scena a due (che ha visto debuttare a Pesaro il giovanissimo soprano russo Julia Lezhneva) e un paio di morbide cavatine tenorili; del secondo, il capolavoro ultimo di Rossini, varie pagine solo strumentali, dalla Sinfonia a pezzi per i Balli, e poi il gran duo del secondo atto e la celebre Aria tenorile del quarto, «Asile héréditaire».

Belcanto sì, dunque, ma «mirato»: da un lato a dare senso espressivo alle morbide e un po' misteriose atmosfere nordiche della «Donna del lago»; dall'altro a riempire di impeto eroico e sentimentale le vicende storiche della liberazione della Svizzera. Quanto di più vicino, appunto, a una sensibilità che oggi si può definire romantica ma che allora, nel decennio fra 1819 e 1829, certamente Rossini viveva in maniera ben diversa, secondo una concezione stilistica che poteva avvicinarsi alla frontiera di una nuova idea dell'opera, ma ne è rimasta sempre saldamente al di qua. Ci ha pensato Flórez a illuminare la complessità di queste pagine: linea di canto di sorvegliatissima intelligenza musicale, squillo sempre franco e incisivo, facilità straordinaria sull'acuto e in coloratura, fraseggio morbido ma capace di accentuazioni taglienti, corpose.
Nella sua versione, l'eroismo «alla Rossini» possiede ricchezza espressiva rivelatrice e tecnica adamantina: i celebri do di petto sono risolti con travolgente efficacia, senza scappatoie falsettistiche.

Era la prima volta che il tenore peruviano affrontava, almeno dal vivo, il ruolo di Arnold nel «Guillaume Tell»: la parte è sua, con magistrale quanto meditata padronanza, ma non è difficile immaginare che passerà qualche anno prima che questo avveduto interprete accetti di fare tutta l'opera. Ulteriore tempo per una più decisiva maturazione anche dei mezzi vocali; quando verrà, il momento sarà davvero storico.

Teatro, è superfluo dirlo, ai piedi di Juan Diego Flórez, con un'ovazione durata quasi un quarto d'ora. Accomunati nel successo Julia Lezhneva, 18 anni appena e il direttore Zedda con i suoi vivacissimi ottant'anni.
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Affascinati da Florez principe del belcanto
Fabio Brisighelli, Il Corriere Adriatico, 11 August 2008

Grande successo all'apertura del festival per il recital del tenore peruviano

Juan Diego Florez belcantista lo è fino al midollo: sia cioè nel senso "classico" della vocalità di stampo barocco che contraddistingue il melodramma delle origini fino a Rossini, sia nell'espressività ancora largamente belcantistica che caratterizza il melodramma cosiddetto "protoromantico". Rossini nelle sue opere ne focalizza il passaggio con le prove incomparabili del suo dramma serio degli anni napoletani, cedendo poi il testimone a Bellini e a Donizetti, che divengono gli alfieri della nuova vocalità ottocentesca. L'edonismo, ovvero l'abbandono soave alla tenerezza patetica, e il virtuosismo, ovvero la capacità di agilità mirabolanti, di repentini mutamenti di registro, di ornamentazioni infittite e di tessiture acutissime, tipici dell'una vocalità (spiccatamente stilizzata), s'accompagnano man mano a un canto viepiù espressivo, che si culla nelle lunghe melodie e che è atto ad evidenziare con intensità e sfumature interiori i chiaroscuri dell'anima. Florez oggi come oggi è l'esponente di spicco di questo "cantar che nell'anima si sente", e l'altra sera a Pesaro, nel concerto inaugurale del Rof di quest'anno con lui protagonista di rango, ha potuto offrirne probante dimostrazione giocando il ruolo di principe del belcanto nella dilatata estensione del tenorismo protoromantico "di grazia". Sì, perché si è trattato di un concerto "a tema", incentrato sul "presagio romantico", con scene e brani tratti da due opere nel particolare contesto molto significative, quali appunto La donna del lago e Guillaume Tell.

L'artista era affiancato da una graziosa partner, il soprano Julia Lezhneva, una voce aggraziata e di apprezzabile intonazione lirica che ha duettato con lui nei recitativi e nelle arie delle pagine scelte dei titoli in programma, mentre l'accompagnamento musicale era affidato all'Orquestra De La Comunitat Valenciana, una formazione spagnola di recente costituzione, diretta nell'occasione da Alberto Zedda, sempre pronto dall'alto della sua straordinaria esperienza di rossiniano a denominazione d'origine e di mentore puntuale di nuove leve del canto specialistico a proporre al pubblico che lo segue da anni nuovi stimoli d'ascolto. Suo e della compagine strumentale, unitamente al Coro da Camera di Praga, il compito di arricchire il concerto misurato su pagine tratte dalle due opere con il necessario corredo di ouvertures e di sinfonie, e di quei coinvolgenti passaggi di note da ballo tipiche del Tell (come quelle brillanti e scintillanti nella leggerezza dei passaggi de celebre Pas de Six).

E lui, il protagonista? Ha cantato benissimo, da par suo, con proprietà assoluta e stilizzata eleganza di fraseggio, con voce lucente e piena, vocalizzando alle più vertiginose altezze del pentagramma.

Il suo Arnold di "Asile héréditaire"("O muto asil del pianto"), intonato in foggia di impeccabile virtuoso del canto, rappresentava non di meno il massimo della tensione vocale possibile nel momento in cui la splendida oasi di melodia conchiusa fa luogo alla concitazione fortemente scandita  e sfiancante  della cabaletta finale (Amis, amis Aux armes! Aux armes"). E Florez, intelligentemente, vuole meditare con accortezza sull'impervio ruolo, prima di eventualmente affrontarlo in teatro.
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