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REVIEWS I puritani, Teatro Comunale di Bologna, January 2009 |
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Juan Diego Flórez as Arturo & Nino Machaidze as Elvira I puritani, Bologna, January 2009 Juan Diego Flórez meno spavaldo ma più completo, Corriere della Sera, 11 January 2009 Tifo da stadio per «I puritani» di Florez, Avvenire, 10 January 2009 L' ambiguità risolta dei Puritani di Bellini, La Repubblica, 12 January 2009 Quel Puritano di Florez con la voce fa cosa vuole, La Stampa, 10 January 2009 _______________________________________________________________ |
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Juan Diego Flórez meno spavaldo ma più completo Enrico Girardi, Corriere della Sera, 11 January 2009 In altri tempi si sarebbe detto che ha smesso i calzoni corti per infilare quelli lunghi. Oggi si usano altre metafore. In ogni caso il Juan Diego Flórez che in questi giorni canta I Puritani di Bellini al Teatro Comunale di Bologna sembra un interprete cambiato. La cosa è fisiologica- non si hanno 20 anni per tutta la vita- e non mette minimamente in discussione il primato che il tenore peruviano s'è conquistato con la classe che si sa. Ma oggi nel suo canto ci sono meno spavalderia, meno slancio, meno "incoscienza", e dunque anche meno naturalezza. Oggi Flórez primeggia in virtù di un controllo maniacale: un computer, percentuali di rischio prossime allo zero. É giusto così. É un numero uno entrato ormai in quella fase aurea della carriera in cui basterebbe una mezza nota sporca a far mormorare il pubblico che affolla i teatri dove si esibisce. Controllo significa capacità di gestire il proprio splendido strumento vocale ma anche consapevolezza di quello che si sta cantando. Il suo Lord Arturo trova accento, colore e intensità emotiva ideali in ogni frase belliniana. É un saggio di belcanto e al tempo stesso un saggio di intelligenza interpretativa. Fanno bene i fans a mettersi in coda al botteghino. Ma questi Puritani non dicono solo Juan Diego Flórez. Dicono anche che la partner di lui, Nino Machaidze, sta maturando con una rapidità impressionante. Il sovracuto è ancora un po' faticoso e sganciato dal resto ma la sua è una Elvira ben timbrata, ben fraseggiata, molto espressiva. E il Sir Giorgio di Ildebrando D'Arcangelo è una garanzia di solidità, di autorevolezza vocale e scenica. Bella voce ma incerto temperamento invece per il Sir Riccardo di Gabriele Viviani, un baritono cui forse manca solo un grado in più di autostima. Bene Nadia Pirazzini(Enrichetta). Cast dunque di livello decisamente superiore alla media. Molti applausi anche per Michele Mariotti. Meritatissimi. Lui sì è uno che porta ancora i calzoni corti. L'anno scorso fece un Boccanegra imbarazzante. Ma la stoffa c'è e in questi Puritani, opera belliniana la più ricca di sostanza musicale, la sa far emergere: tempi calibrati rspetto al suono, ricerca di colore, capacità di farsi assecondare dall'orchestra. Qualche buu in vece per Pier'Alli, come sempre autore di una messinscena colta, elegante, fredda, cupa. Eccessivamente cupa. Tifo da stadio per «I puritani» di Florez Pierachille Dolfini, Avvenire, 10 January 2009 Grande successo a Bologna per il debutto italiano nel ruolo di Arturo del tenore peruviano Un cast tutto di giovani per una rilettura piena d'energia. Fischiata la regia di Pier' Alli Di fronte al tifo da stadio di certe prime guardi tra palchi e platea e pensi che un tempo l'opera lirica doveva essere proprio così, capace di suscitare entusiasmi, passioni viscerali. Come dire, il calcio dell'Ottocento che scatenava rivalità tra sostenitori di questo o di quel cantante, di questo o di quel compositore. Tifo, però, sano, bello, pulito che la lirica di oggi, impolverata e ingessata in riti che sanno solo di vecchio, farebbe bene a recuperare. A volte capita di ritrovarlo. Magari a Bologna dove arrivi al Teatro Comunale e ti imbatti in uno striscione proprio come quello degli ultrà fatti con lenzuola cucite insieme e vernice spray contro i tagli al Fondo unico per lo spettacolo appeso davanti all'ingresso principale accanto alla locandina de I puritani di Vincenzo Bellini.. Dentro i fan (non solo bolognesi) di Juan Diego Florez si godono il debutto italiano del popolare tenore insuperabile nel repertorio del belcanto ottocentesco nel ruolo di Arturo: applausi a scena aperta, ovazioni per Florez e per i colleghi che gli tengono magnificamente testa nell'impervia partitura di Bellini, bella da togliere il fiato, ma di raro ascolto nei nostri teatri. Una prima volta, cosa che ha quasi dell'incredibile, fissata già da cinque anni e per la quale il Comunale ha costruito una solida squadra tutta fatta di giovani (il più ' vecchio' non ha ancora quarant'anni) da mandare in campo accanto al 35enne fuoriclasse peruviano che, ancora una volta, grazie ad acuti che lasciano a bocca aperta e raffinatezza di canto, centra l'obiettivo. Sul podio il pupillo di casa, Michele Mariotti, 29 anni, direttore principale dei complessi bolognesi tiene bene le redini anche se a volte calca troppo il pedale eroico sacrificando finezze e poesia. In scena il soprano georgiano Nino Machaidze (Elvira passionale, dagli acuti saldi, Gabriele Viviani ( Riccardo a volte troppo irruente) e, soprattutto, Ildebrando D'Arcangelo che con la sua voce e la sua intelligenza musicale getta una luce umanissima su quello che è il personaggio più attuale dell'opera, Sir Giorgio, che con le sue parole e il suo esempio è capace di portare la pace tra uomini in guerra. Giovani come i loro personaggi. Novantacinque anni in tre. E proprio qui, forse, sta il successo della serata, nell'energia che dal palcoscenico e dalla buca dell'orchestra arriva dritta al cuore degli spettatori. Tanto che l'unica nota stonata viene dallo spettacolo, firmato da un veterano della lirica, Pier' Alli. Il regista fiorentino (l'unico contestato al suo apparire in palcoscenico a fine serata) così come molti blasonati colleghi sembra da anni rifare sempre lo stesso spettacolo, non importa se sul leggio ci sia l'Ernani di Verdi o I puritani di Bellini: in scena sempre porte sghembe e sezioni di pareti, sempre le stesse simmetrie e gli stessi gesti di coro e cantanti. L' ambiguità risolta dei Puritani di Bellini Guido Barbierei, La Repubblica, 12 January 2009 Centauro o cavallo di razza? Sirena o donna, dalla testa ai piedi? La natura stilistica de I Puritani di Vincenzo Bellini è ancora controversa e indecisa. C' è chi dice: è un' opera ambigua, "doppia", in cui l' astrattezza del classicismo belcantistico convive con la sensibilità accesa ed esasperata dell' opera romantica. E chi invece risponde no, è un' opera risolta, coesa che rivela le due anime del romanticismo musicale europeo, quella elegiaca e quella eroica. Il partito del "no", per quanto minoritario, sembra avere ragioni da vendere: quando l' opera trionfa al Théâtre-Italien di Parigi, infatti, è il 1835 e la querelle classicismo/romanticismo è vecchia di quasi mezzo secolo: la preoccupazione di Bellini è semmai quella di mediare la propria sensibilità iper-romantica (Chopin ne sapeva qualcosa) con la magniloquenza teatrale del grand-opéra francese. A questo partito sembra essersi iscritto, senza se e senza ma, il direttore Michele Mariotti, deus ex machina poco appariscente, ma assai influente, della nuova edizione de I Puritani ospitata dal Comunale di Bologna. Il direttore pesarese, non ancora trentenne, evita con grande saggezza di imprigionare il canto in strutture rigide e convenzionali, cercando piuttosto di attribuire ai diversi registri drammatici dell' opera una evidente diversità di "affetti": fraseggio morbido e flessibile nei concertati e nei numeri di maggiore effusione lirica, brillantezza di suono (viziata a tratti da una eccessiva regolarità metronomica) nelle scene dichiaratamente grandoperistiche, e infine un taglio nervoso e concitato nelle arie in cui prevale l' epos eroico. La compagnia di canto, del resto, assiste il podio con estrema disciplina: Juan Diego Florez (Arturo) non è solo un distributore meccanico di sovracuti più o meno impeccabili, ma un interprete capace di "messe di voce" accuratissime, di mezze tinte sorprendenti e di un legato efficace anche nelle fioriture più impervie (e non si comprende perché il pubblico bolognese lo abbia "buuato" al termine dell' esecuzione, esemplare, di "A te, o cara"). Nino Machaidze (Elvira) non possiede, nel delicato esercizio del belcanto, altrettanta disarmante naturalezza: gli acuti sono a volte un po' forzati e l' intonazione non sempre perfetta, ma la pronuncia vocale segue con intelligenza l' andamento del testo e sono belli i colori nel registro medio. Più debole forse l' altra metà del "quartetto": Gabriele Viviani (Riccardo) tende a "nasalizzare" eccessivamente l' emissione vocale, mentre Ildebrando D' Arcangelo (Sir Giorgio) si attiene con eccessiva prudenza ad una un po' algida e distaccata eleganza. La mise en scene realizzata da Pier' Alli conferma i limiti già notati nell' allestimento del Massimo di Palermo: gesti individuali e movimenti di massa ridotti al "quasi niente", una cornice scenica statica e vuota e infine un décor di gusto visivo piuttosto eclettico. Quel Puritano di Florez con la voce fa cosa vuole Giangiorgio Satragni, La Stampa, 10 January 2009 Pareva iniziasse una contestazione al tenorissimo del belcanto, Juan Diego Florez, durante il primo atto de I Puritani di Bellini al Comunale di Bologna. Poi tutto è rientrato nel terz'atto, con Florez nei panni di Arturo svettante a colpi di re sovracuti, magnifici, benché uno di questi abbia sostituito l'impervio fa, che Bellini scrisse per il prediletto Rubini e che oggi altri tenori intonano, a volte con successo. Tanto di cappello, comunque, al peruviano trentacinquenne, la cui voce ha bisogno delle acrobazie, altrimenti non si espande, e che però fa quel che vuole. Il giovane direttore Michele Mariotti non ha ancora il carisma per imporsi, introduce l'aria di Arturo «A te, o cara» a un tempo vivo, ma Florez attacca rallentando, così Mariotti è poi costretto a dimezzare il tempo. Florez fa i suoi tempi quando canta da solo, si tratti di aria o di cabaletta è sull'Andante non troppo: magnifico belcanto, ma con una punta di stucchevolezza. Per nulla stucchevole, anzi volitiva, è Nino Machaidze quale Elvira, una voce non pura come certe belcantiste degli ultimi tempi, ma con una tecnica magnifica che le consente agilità sciolte e, in parte, il controllo dei sovracuti. Lo spettacolo si regge su di loro, ma non tocca cadere nell'equivoco che si va ad ascoltare I Puritani solo per le voci. E' il capolavoro di Bellini, il canto del cigno che supera la sua stessa arte calando l'azione e il belcanto in un contesto sinfonico, in cui l'orchestra ha pienezza di legami tematici, di armonia e di timbro. Era destinata a Parigi, evoluta in fatto di gusti musicali, intrecciava la storia d'amore con un potente momento storico, la lotta nel Seicento inglese fra la corona e i Puritani di Cromwell, ma la forza di Bellini nasceva nel 1835 da una svolta interna alla drammaturgia musicale. La cosiddetta «solita forma», che l'opera dell'Ottocento italiano assegnava ai personaggi nella successione recitativo-tempo d'attacco-tempo di mezzo-cabaletta, era inserita in un contesto dove i singoli numeri erano coesi in una forma più grande, quella della scena. La forza dei Puritani deriva anche da questa unità interna, e sul podio Mariotti l'ha capito recuperando, grazie alla nuova edizione critica di Fabrizio Della Seta, qualche pagina da Bellini tagliata e in parte ripresa altrove (la prevista versione napoletana per la Malibran). Purtroppo a volte Mariotti tira via e non approfondisce, deve superare qualche problema di unità interna all'orchestra e scollamenti col palcoscenico, dove ai cantanti manca una vera concertazione: se l'avesse, il Giorgio di Ildebrando d'Arcangelo sarebbe meno scialbo, ma non potrebbe nulla il Riccardo di Gabriele Viviani, impacciato nella agilità, corto di note in basso e non sempre intonato. Buono invece il coro istruito da Paolo Vero. L'allestimento di Pier'Alli, coprodotto con Palermo e Cagliari, è più che altro architettonico, con i suoi pezzi di antico maniero, grandi spade a mo' di simboli e luci meste. Se evitasse di schierare tutti simmetricamente, cavalieri o dame, e d'impalare i cantanti al proscenio, avremmo anche una regia: così governa solo entrate e uscite. |
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