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La fille du régiment, Lecce, April 2003


Donizetti francese con il grande tenore Juan Diego Florez, La Repubblica (Bari), 11 April 2003
La stella di Florez infiamma il Salento, La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 April 2003

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Donizetti francese con il grande tenore Juan Diego Florez
Fiorella Sassanelli, La Repubblica (Bari), 11 April 2003

Dopo José Cura in Fedora, Giuseppe Sabbatini in Werther e Renato Bruson ne I due Foscari, l´ultimo desiderio di Katia Ricciarelli, restava la scrittura di Juan Diego Florez ne La fille du Régiment di Gaetano Donizetti (nella versione originale francese su libretto di Saint-Georges & Bayard). C´è riuscita per il terzo allestimento nell´anno che lei sente essere il penultimo da direttore artistico della stagione lirica della Provincia di Lecce. L´anno prossimo scade il mandato del presidente Ria, «persona simpatica, intelligente e sensibile tanto da capire che un direttore artistico può e deve lavorare in piena autonomia». Ogni considerazione è comunque vana a fronte della festa che a Lecce si prepara stasera al teatro Politeama Greco (ore 20.45) per il debutto italiano nel ruolo di Tonio del grande tenore del momento:
Juan Diego Florez, giovane trentenne dal colorito e i tratti meridionali (è nato a Lima, in Perù), divo acclamato e conteso dai teatri di tutto il mondo (e dei network televisivi: una troupe inglese di sei persone lo segue ininterrottamente da giorni, nelle sue peregrinazioni in Europa, per realizzare un video-profilo a lui dedicato). Abituato a cantare canzoni leggere peruviane di sua composizione, da grande Florez non pensava di fare il tenore. «Negli anni del conservatorio a Lima cantavo nel coro nazionale i soli delle messe e degli oratori di Bach e Beethoven - ha raccontato ieri nella conferenza stampa - Ho conosciuto solo in America, a Philadelphia, le prime opere complete, e mi sono concentrato sul belcanto di Mozart e Rossini».

L´hanno definito l´erede di Pavarotti, appellativo che anche ieri Florez ha sistematicamente smentito, sollecitando invece paralleli con la voce di Alfredo Kraus: «Pavarotti è dotato di una liricità più intensa, io mi sento più a mio agio nel repertorio lirico leggero». Impegnato fino a pochi giorni fa per L´Italiana in Algeri cantata alla Scala di Milano, si è unito solo per poche prove alla compagnia di Lecce. «Perché studiamo insieme dal '99», ha precisato il direttore d´orchestra Riccardo Frizza, che stasera salirà sul podio dell´orchestra della Fondazione Schipa e che già in passato ha diretto Florez nella temibile aria del primo atto "Pour mon âme", un´aria che nonostante i ripetuti nove do acuti e finanche un do diesis, il tenore inserisce spesso nei recital con l´orchestra (e forse stasera si prepara a bissare, su richiesta).

I trent´anni di Florez, i trentadue di Frizza e i ventitré di Laura Giordano, una palermitana per interpretare Marie dicono bellissima (ma ieri ha preferito dormire), sono in linea con i trentaquattro anni di Massimo Gasparon, il regista allievo di Pier Luigi Pizzi che firma anche scene e costumi. E giustifica così le sue scelte di trasparenza e pulizia formale: «Un cast giovane e di grande qualità mi ha permesso di creare complicità e intenzioni particolarmente efficaci. Volevo evitare fondali dipinti e facili ambientazioni tirolesi, anche se la vicenda nasce tra le valli svizzere durante le campagne napoleoniche. Fin dalle prime ipotesi di studio ho immaginato una scena estremamente luminosa, fresca. In fondo ci troviamo nel pieno di una favola a lieto fine, con piccoli incidenti di percorso che procurano alla nostra protagonista noie di poco conto, senza toglierle il buonumore». Si replica domenica, alle 18.


La stella di Florez infiamma il Salento
Nicola Sbisà, La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 April 2003

Il tenore a Lecce nella «Fille du régiment»
Pubblico in delirio al Politeama. Oggi alle 18 la replica

LECCE Nella vasta e varia produzione operistica di Gaetano Donizetti, La fille du régiment  prima opera francese del maestro bergamasco andata in scena a Parigi nel 1840  spicca per l'indubbia abilità con la quale l'autore seppe adattare la propria vena creativa, squisitamente italiana, ai gusti del pubblico francese appassionato estimatore dell'opéra comique. Nel contempo, però, va sottolineato come, trasferita con ampi e spesso improvvidi ritocchi dallo stesso autore in atmosfera italiana, l'opera in questa versione abbia a suo tempo stentato ad affermarsi da noi.

In realtà, a ben guardare, si tratta di un'opera tanto fascinosa quanto difficile poiché richiede agli interpreti un impegno non soltanto vocale, quanto anche teatrale. Assortire un cast dunque che renda piena giustizia alla creazione donizettiana non è poi facile. È stata quindi una vera scommessa che Katia Ricciarelli ha inteso fare con se stessa, in veste di direttore artistico della stagione che la Provincia di Lecce presenta al Politeama.

Una scommessa vinta, poiché l'esito è stato estremamente positivo. L'attesa ovviamente era per Juan Diego Florez, il giovane tenore peruviano sul quale si punta, e giustamente, l'attenzione dei melomani di tutto il mondo. Ma  ed in questo rifulgono l'abilità e la sensibilità di Katia Ricciarelli  non si è trattato di un allestimento imperniato su un solo, pur straordinario interprete. Florez si è splendidamente incastonato in un gruppo di cantanti altrettanto giovani (altro punto a favore delle scelte della Ricciarelli) e dotati, che hanno ridato vita all'opera sull'onda di un sincero generale entusiasmo, mantenuto in esemplare equilibrio fra il frizzante ed il morbidamente appassionato, e che ha così esaltato lo spirito vitalissimo e coinvolgente della partitura.

Nell'opera  nella versione francese (che è quella proposta a Lecce) ed in quella italiana  non mancano ovviamente le «arie» che si possono definire «familiari» agli appassionati, ma questi brani «di bravura» non meno che di squisita fattura, riascoltati nel loro naturale contesto risultano ancor più avvincenti.

Florez  che dichiaratamente si sente più vicino a Kraus (che il pubblico leccese aveva eletto a suo tempo suo beniamino, in quanto unico capace di far rivivere compiutamente il repertorio del grande Schipa), che non a Pavarotti  rispetto al grande modello ha, ci sia concesso, qualcosa di diverso, se non addirittura in più. Se la sicurezza di emissione, la limpidezza squillante e pur morbida della voce (attesi ed esaltanti i famosi nove «do» consecutivi di Mes amis), possono rievocare Kraus, Florez appare sempre coinvolto con convinzione nello spirito del personaggio: la sua è una prestazione viva, con un pizzico di giovanile sfrontatezza e sempre venata di appassionata partecipazione. In breve, ci sia concesso l'aggettivo, è stata fenomenale e l'entusiasmo del pubblico si è scatenato, ottenendo il bis della parte finale dell'aria-clou Mes amis.

Lecce ha ospitato la sua prima esecuzione italiana della Fille e l'avvenimento sarà sicuramente ricordato come una delle più riuscite serate delle ormai straordinarie stagioni liriche leccesi.

Ma, come dicevamo, non meno valida la prestazione degli altri interpreti. Innanzitutto Laura Giordano, che poi a ben guardare è, o dovrebbe essere, la vera protagonista dell'opera. Spigliata nella recitazione, capace di cesellare con grande finezza, il contrasto che il personaggio vive fra il piglio militaresco e la riemergente delicatezza femminile, ha sfoggiato una vocalità di suadente morbidezza, sicura anche nei momenti di più spiccato impegno virtuosistico e puntualmente improntata a seconda dei momenti, da languore o da brio. Straordinaria la sua esecuzione della celebre aria Il faut partir.

Trascinanti i duetti con Florez, ma non meno efficace quello con Sulpice, il rude paterno sergente, ruolo sostenuto con vitalità, decisione e dovizia di pregevoli mezzi vocali dall'ottimo Paolo Bordogna, che ha dato al personaggio lo spiritoso rilievo che gli compete: basterà pensare al raptus passionale per la Duchessa!

Non meno efficace Angela Masi nel ruolo della Duchessa, un ruolo, va pur detto, che impegna l'interprete sul piano teatrale non meno, se non più di quello vocale. Ma impeccabile vocalmente, la Masi ha sfoggiato una verve scenica di grande efficacia, calibrata, ironica, ma sempre mantenuta sul piano del buongusto. Ugualmente riuscito è apparso il personaggio di Hortensius, affidato a Gerardo Spinelli, buona voce e scena impeccabile. Centrate infine le prestazioni di Paola Marra, Giovanni Di Ciaula, Salvatore Selvaggio e Dionigi D'Ostuni.

Un «bravo» di cuore al Coro Lirico leccese, magnificamente preparato da Emanuela Di Pietro, rivelatosi capace di cantare in francese senza alcun problema e di «fare scena» con ricchezza impeccabile di movimenti.

La direzione di Riccardo Frizza (l'avevamo apprezzato a Spoleto ed a Martina), sicura, chiara e decisa ha impresso all'andamento musicale il passo giusto, con coinvolgente esaltazione dei momenti più frizzanti e con sinceri abbandoni in quelli di più passionale impianto, ottenendo una piena rispondenza dall'orchestra leccese.

Regia, scene e costumi sono stati realizzati da Massimo Gasparon, con felici intuizioni. Gli spunti comici che la vicenda comporta, sono stati disegnati con eleganza, ma al tempo stesso con preziosa incisività, che tutti gli interpreti hanno assimilato con franca partecipazione. La scena della lezione di musica al secondo atto è stata eccezionale e resa con estrema bravura dalla Giordano e dalla Masi. I costumi d'epoca erano molto belli e ricchi e la scena, nella sua essenzialità, si è rivelata estremamente funzionale ed anche elegante.

Applausi anche a scena aperta, ai limiti del tripudio. Anche in quest'opera c'è stato un «cameo» e l'ha vissuto Katia Ricciarelli, apparsa fra gli invitati al matrimonio, annunciata come la «principessa Katiuscia Ricciarellowsky Baudova», un atto di presenza che ha unito nel successo finale ai bravissimi interpreti, anche l'artefice del riuscito spettacolo: e con quasi materno slancio è stata la stessa Ricciarelli ad offrire i fiori alla Giordano.

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This page was last updated on: May 7, 2005