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REVIEW

L'Elisir d'amore, Turin, May 2007
Juan Diego Flórez as Nemorino
Photo © Ramella & Giannese / Fondazione Teatro Regio di Torino


Elisir d'amore e di allegria, La Stampa, 18 May 2007
Che sorpresa, l´Elisir sembra proprio cinema, La Repubblica, 21 May 2007
Juan Diego Flórez, vers l'essentiel, Res Musica, 25 May 2007 [external link]


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Elisir d'amore e di allegria
Paolo Gallarati, La Stampa, 18 May 2007

Florez gran tenore, Allemandi dirige con alterna fortuna

Il problema principale degli operisti italiani, negli Anni 20 e 30 dell'Ottocento, era liberarsi dall'incombente modello rossiniano che da un lato garantiva il successo, ma dall'altro appariva sempre più inadatto ad incarnare le esigenze dell'arte romantica: realismo, commozione, immedesimazione nella vicenda. L'Elisir d'amore, che Donizetti presentò a Milano nel 1832, è un passo avanti nella risoluzione del problema, cui il compositore giungerà, trionfalmente, 11 anni dopo, a Parigi, nel Don Pasquale, con la definitiva trasformazione dell'opera buffa in commedia borghese. L'Elisir, invece, tiene ancora i piedi in due staffe: in alcune scene c'è la girandola del gioco musicale fine a se stesso, in altre i sentimenti vengono rappresentati in presa diretta, senza più metterli in cornice. Il primo aspetto dell'opera è quello più debole: lo stile rossiniano appare alleggerito del suo straordinario mordente comico-grottesco, e riprodotto in modo convenzionale; il secondo elemento, quello sentimentale, introduce invece nell'opera buffa una carica affettuosa e malinconica, nostalgica e onirica, di tipica impronta romantica.

La romanza di Nemorino Una furtiva lacrima, culmine di questa tendenza, è un sogno d'amore ad occhi aperti che, l'altra sera al Regio, ha avuto in Juan Diego Florez un interprete raffinatissimo, seppure più adatto al canto rossiniano, saettante e affilato, che al calore patetico richiesto da quello romantico: lo ha accolto un diluvio di applausi. Bene ha fatto anche Eva Mei, un'Adina vispa, scattante, la vera soubrette dell'opera buffa, capace, però, di commuoversi nel duetto Prendi, per me sei libero, altro culmine sentimentale dell'opera.
La terza componente dell'Elisir è una leggerezza da operetta, che risale alla fonte francese di Scribe da cui discende lo spiritosissimo libretto di Felice Romani: i coretti dei contadini ne sono brillanti portatori, come la figura di Dulcamara, il ciarlatano, che spaccia un semplice buon vino per un miracoloso elisir d'amore e di lunga vita. Nicola Ulivieri ne fa un personaggio colorito e brillante, più vicino a Mozart che a Rossini, forse lievemente trattenuto dal timore, chissà perché, di sembrare troppo rocambolesco e ridicolo, anche se il costume firmato da Odette Nicoletti, e il carro di Dulcamara, addobbato di lumini e pieno di colori, puntano evidentemente al gusto del travestimento e della burla.

Collega tutti questi aspetti una componente affettuosa, di spontaneità innocente e ingenua, ben diversa dalla malizia tutta parigina che scoppietta nel Don Pasquale: ma il bello dell'Elisir è proprio qui, in questa schiettezza di un genere nuovo, allo stato nascente. Ne è parso ben consapevole anche Giorgio Caoduro, divertito e divertente nei panni del sergente Belcore, bellimbusto galante ma poco fortunato. La regia di Fabio Sparvoli garantisce il piacere di chi guarda: è spigliata e scorrevole, entro le scene agresti di Mauro Carosi. Governa il tutto, con alterna fortuna, la bacchetta di Antonello Allemandi che ha il pregio di far scorrere il limpido torrentello della musica di Donizetti senza quasi mai farla uscire dagli argini; molto facilmente qualche asincronia tra orchestra e palcoscenico andrà a posto durante le repliche. Successo vivissimo.
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Che sorpresa, l´Elisir sembra proprio cinema 
Angelo Folletto, La Repubblica, 21 May 2007

Non c´è stato il bis della "Furtiva lacrima" come sperava il pubblico, ma il Nemorino di Juan Diego Florez ha riassunto il senso di questo Elisir d´amore. La produzione nata per l´Opera di Roma (regia di Fabio Sparvoli, allestimento Carosi/Nicoletti), sovraccarica di citazioni cinematografiche (Dulcamara col motocarrozzone da Zampanò, il tenore in bicicletta, l´assistente col passo e la gobba di Quasimodo, il profilo di Totò e il ciuffo da Wilder/Frankenstein jr.) inscritte in una struttura scenica monumentale più che contadina, ha ritmo mercuriale e mano bozzettistica felice. Il palcoscenico s´è divertito, il pubblico l´ha capito e ha fatto lo stesso.

Sotto la direzione di Antonello Allemandi, una compagnia affidabile e simpatica. Rustico ma tenerone Florez ha fatto al solito bene, anche se può scrutare meglio l´anima patetica non banale del personaggio. Strana sulla carta, visto lo stile di canto reciprocamente alieno, ma felice la coppia con Eva Mei, un´Adina sicura seppure spigolosa e matura più di quanto lo spartito pretenda. Lo spavaldo Giorgio Caoduro (Belcore) e Paola Quagliata completavano una locandina che incastonava l´esordio come Dulcamara di Nicola Ulivieri, il miglior Leporello/Papageno dei nostri tempi. Dal punto di vista tecnico-formale, il cambio era legittimo; ma freschezza e impostazione diversa della voce per paradosso diventavano un limite nel definirne a tutto tondo il carattere. 
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This page was last updated on: May 26, 2007