REVIEWS La Donna del Lago, Rossini Opera Festival, Pesaro, August 2001 |
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Juan Diego Flórez as Giacomo V Photo by Silvano Bacciardi Un «Rossini da fiaba» con la firma di Ronconi, Giornale di Vicenza, 14 August 2001 «La donna del lago» incanta, ma non la Devia, Il Resto del Carlino 14 August 2001 Successo: La donna del lago tra sogno e magia, Il Messaggero, 14 August 2001 Quei guerrieri bellicosi innamorati del bel canto, La Repubblica, 15 August 2001 Una travolgente «Donna del lago», La Stampa, 14 August 2001 La fábula ahoga a Rossini, El Mundo, 14 August 2001 ______________________________________________________________ |
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Un «Rossini da fiaba» con la firma di Ronconi Piero Ferrari, Giornale di Vicenza, 14 August 2001 A Pesaro allestimento convincente e artisti all'altezza «La donna del lago» diventa opera affascinante e misteriosa Pesaro. Scozia. È l'alba. Mentre dalla macchie boschive risuonano cori di cacciatori e richiami di corni, sull'acqua di un lago scivola una barchetta con una donna di cui nulla si sa e che intona una melodia trasognata. Si apre così il «Rossini da fiaba» di Luca Ronconi che, al terzo appuntamento serale di questo XXII Opera Festival, ha trasformato la ballata di Walter Scott (The lady of the Lake, La donna del lago) in qualcosa di affascinante e misterioso, imprimendo all'opera del «Cigno» quello che il grande musicista pesarese proprio voleva. Un'opera che - per dirla con il direttore artistico del Rof, Alberto Zedda - presenta una straordinaria galleria di affetti, narrati e vissuti in modo transato e metaforico; dove si ribolle di amore, ma dove anche l'incontro amoroso non si realizza mai; dove l'atmosfera è pervasa da una furia guerriera ma dove l'ira - mossa dalla gelosia - viene trattenuta dai conflitti interni dell'animo; dove questa stessa atmosfera è cosparsa di candide carezze ma dove l'erotismo rimane inappagato; dove l'amicizia, gli affetti familiari, il panteistico rapporto con la natura celano turbamenti profondi, inquietudini essenziali; dove dolore e morte vi compaiono con un distacco decisamente onirico. Ci voleva Ronconi per ripetere, a distanza di 18 anni, il miracolo di questo capolavoro rossiniano che il compositore presentò per la prima volta al San Carlo di Napoli il 24 ottobre del 1819. Ci voleva Ronconi per centrare l'atmosfera leggendaria di una vicenda ambientata in Scozia e per rendere Rossini più vicino al nostro modo di pensare, a certi procedimenti mentali che fanno parte integrante della nostra cultura, per trasformare di colpo, alla fine di tutto, un lago nebbioso immerso nelle brume nordiche in un castello stilizzato. Ma, ben inteso, ci volevano anche i giusti interpreti, vale a dire i cantanti. E per questa «Donna del Lago» c'era quanto di meglio il Rossini Opera Festival potesse arruolare. La «gemma» rossiniana è tornata infatti al suo splendore grazie anche a tenori del calibro di Juan Diego Florez che è stato praticamente perfetto nella duplice parte di Giacomo V-Umberto. Per non parlare poi della mezzo soprano Daniela Barcellona (Malcom), astro nascente del belcanto rossiniano, che è stata semplicemente splendida al pari del soprano Mariella Devia nella parte di Elena. Ma perché poi dimenticare il basso Simone Alberghini (Duglas) ed il baritono Charles Workman ed ancora Maria Luce Menichetti e Gregory Bonfatti. In quanto al direttore Daniele Gatti, la sua bacchetta ha saputo dare all'opera di Rossini il giusto afflato poetico e, al tempo stesso, quella forza drammaturgica di cui di cui «La donna del lago» è permeata, momento unico e irripetibile di un romanticismo assoluto. Come scrisse Giacomo Leopardi al fratello dopo aver visto i due atti al Teatro Argentina in Roma (5 febbraio 1823), potremmo ripetere: «Potrei piangere ancor io, se il dono delle lacrime non mi fosse stato sospeso». «La donna del lago» incanta, ma non la Devia Ivana Baldassarri, Il Resto del Carlino 14 August 2001 PESARO Dimenticando lo slancio e la tensione visionaria de «La donna del Lago» (Rof 1981) diretta da Maurizio Pollini sul quale si appuntava la curiosità di tutto lo snobismo musicale d'allora, usciamo dal Palafestival, dove è appena terminata fra tantissimi applausi l'edizione 2001 diretta da Daniele Gatti con la regia di Luca Ronconi con la commossa consapevolezza di aver assistito ad uno splendido spettacolo stracolmo di bellissima musica. Il Palafestival ormai ci ha abituati a vedere in grande: il suo palcoscenico riesce a contenere e valorizzare tutti gli spazi, geografici e non, della fantasiosa dilatazione teatrale. E la Scozia di Ronconi si accende di leggenda: i guerrieri, il Re, i ribelli sono tutti "pre-kilt" nei costumi alla "Braveheart" di Carlo Diappi, la foresta è diventata, nella scena di Margherita Palli, una landa dorata e muscosa dove il lago troneggia e trionfa su tutto, quinta lucente verdazzurra di ogni cambio scena e contenitore magico di ogni barbarica memoria. In questa cornice di favola pre-romantica (con tanto di pipistrello vero volteggiante dentro il Palafestival) si muovono i protagonisti: Elena, personaggio di grande nobiltà scenica in misura romantica, che è stata interpretata con algida stanchezza da Mariella Devia non al massimo delle sue potenzialità; i suoi tre innamorati (nel libretto di Tottola si confonderebbero se non fosse per la loro differente vocalità), cioè: Giacomo V, nascosto sotto le spoglie di Uberto, interpretato con sfrontata sicurezza da un brillante e vitalissimo Juan Diego Flòrez; Malcom inossidabile amore di Elena, ruolo en travesti col quale Daniela Barcellona ha trionfato su tutti suscitando applausi entusiastici da stella di primissima grandezza, e Rodrigo, Charles Workman tenore, il ribelle scozzese anche lui rapito dalla "silvestre dea", che con l'ambiguità del suo colore vocale delinea già personaggio e destino. Bravi, Simone Alberghini Duglas, Gregory Bonfatti nel doppio ruolo di Serano e di Bertrad e Maria Luce Menichetti-Albina. Il maestro Daniele Gatti ha subito strappato dal nostro ricordo il fare fremente della conduzione di Pollini, scegliendo di riportare questa sua "Donna" nella classicità dell'Olimpo Rossiniano, nel segno di proporzioni eleganti e studiate, tessute di virtuosismo, di belcantismo e di bellezza ordinata in un perpetuo arabesco, fino al sospetto di un'eccessiva decelerazione che ha condizionato anche la prova del Coro da Camera di Praga. Purtroppo nel rondò finale, apoteosi vocale ed emotiva di tutta l'opera, Mariella Devia è inciampata in quelle traditrici «defaillance» vocali che colpiscono anche i grandissimi, specie se stanchi e provati. Questo «accidente» ha condizionato l'atmosfera del finale, tarpando l'impeto iniziale degli applausi che sono stati comunque entusiastici, generosi e sincerissimi. Successo: La donna del lago tra sogno e magia Il Messaggero, 14 August 2001 Un sogno, una grande visione immaginifica per un'opera che è tutt'ora circondata da un comprensibile alone di sacralità. E' il Rossini che ci piace di più, il meno rappresentato ma sicuramente quello che più tocca le corde dell'anima. E questa "Donna del Lago" vista l'altra sera al Rof ci ha regalato la suntuosità della musica e delle voci, la bellezza onirica delle scene, l'eleganza solenne e quasi epica di una regia più che riuscita. Anzi a ben dire si può parlare di un felicissimo connubio fra la regia (Luca Ronconi), le suggestive scenografie (Margherita Palli) e i bei costumi (Carlo Diappi). Regia quasi cinematografica che ha sottolineato i forti contrasti eroici dei personaggi e che si è affidata a dinamiche "inquadrature" dell'uno o dell'altra. Immagini ricavate ora da un fiume che all'improvviso squarcia il terreno, ora da un lago sullo sfondo, o immobile e solenne o "strappato" da brumose visioni di paesaggi da leggenda, mute apparizioni, luci funeste. Nella vallata scozzese dai colori preraffaeliti immaginata dalla Palli - che al pubblico è sapientemente dato percepire sfocata - stanno sospesi come in un sogno titani di pietra, risuonano corni ed arpe invisibili, sorgono dal terreno torri di architettura primitiva. E attorno alla luminosa Elena, quasi vestita delle acque del suo Kattrine, uno stuolo di figure impressionanti tagliate nelle pelli e nell'acciaio, le cui voci sole dichiarano il rango, la forza, la psicologia. Dobbiamo però dire che questa "Donna del lago", pur bellissima, non ci ha fatto dimenticare i due precedenti allestimenti firmati da Aulenti e Pollini. La prova dei cantanti è stata di quelle da incorniciare: a cominciare da Daniela Barcellona e Juan Diego Florez. Aggiungiamo anche una brava Mariella Devia che forse ha pagato un pò troppo lo scotto di una parte non troppo adatta al suo registro. Quei guerrieri bellicosi innamorati del bel canto Michelangelo Zurletti, La Repubblica, 15 August 2001 PESARO - I sottili intenditori giurano sulla bellezza della Donna del lago, ne vedono uno dei capolavori non solo di Rossini ma del primo Ottocento. Nella nostra rozzezza noi ci limitiamo a ammirare alcuni momenti e sperare che ne arrivino altri altrettanto belli, mentre il tempo passa. Ma anche senza nutrire grande devozione è innegabile che in quest'opera circoli un'aria diversa, che si affacci in Rossini una tentazione paesaggistica nuova, che tra corni in buca e quelli in quinta si instauri una sensibilità boschereccia destinata a alimentare un lungo filone di opera romantica. Da questi boschi dove Giacomo V va a caccia di cervi (e di fanciulle) non escono più ninfee e pastori ma amanti e guerrieri. E non importa che poi per dirsi le cose aspettino il loro turno per ripeter le stesse note di chi ha parlato prima intrattenendosi sui do acuti. Certo, la storia della sublime creatura che ogni mattina se ne va in barchetta sul lago, amata da un re, da un guerriero tenore e da un travestito, è di quelle destinate a durare a lungo, viste le difficoltà politiche dei signori, le indecisioni di lei e la tentazione continua di tessere canoni di tutti. Da Walter Scott a Leone Tottola il passo è lungo. Quasi tutti gli esecutori sembrano credere poco alle assicurazioni dei rossiniani di ferro. Luca Ronconi ama pochissimo questi scozzesi che con la complicità del costumista Carlo Diappi ne fa dei pitecantropi orribili, gonfi di polpaccioni e pettorali di gomma, stretti da stracci luridi (solo ai protagonisti e alle mogli dei coristi sono consentiti abiti belli). Anche Margherita Palli non esita a aprire il bel quadro montano facendo emergere una reggia tugurio, anche un po' franata. E dopo averci mostrato bei paesaggi lacustri appena tristi (e il tulle al boccascena insieme alle luci di Guido Levi si incarica di velare l'ambiente), Ronconi lascia perdere il lago, lo apre in due spezzoni e usa gli spezzoni come quinte. Ed è perfino esilarante quando fa entrare guerrieri trafelati e bellicosissimi che però si imbattono in qualcuno che ha voglia di cantare (si capisce dagli arpeggi) e allora si stravaccano e si mettono a ascoltare: per oggi niente guerra, ragazzi, se non canora. Non sembra crederci molto neppure Daniele Gatti che sottrae la classica tensione belcantistica immergendo l'esecuzione in un clima preromantico anche troppo accorato o, al contrario, convulso. Esecuzione, in ogni caso, di grande eleganza e finezza alla quale contribuiscono l'Orchestra del Comunale di Bologna e il Coro da Camera di Praga (questa volta, però, più esangue del necessario). Ci crede poco anche Mariella Devia, ineccepibile nelle aeree volute ma poco convinta del ruolo. Chi ci crede è Juan Diego Florez, che affronta spavaldamente e con la consueta generosità il ruolo del re, e così la bravissima Daniela Barcellona nel ruolo en travesti dell'innamorato destinato a sbaragliare gli avversari. Che poi ci creda Charles Wolkman importa poco, perché canta malissimo. E così Simone Alberghini in un ruolo insignificante. Maria Luce Menichetti e Gregory Bonfatti completano bellamente il cast. Una travolgente «Donna del lago» Paolo Gallarati, La Stampa, 14 August 2001 STRAORDINARIA ESECUZIONE AL FESTIVAL DI PESARO DELL'OPERA DI ROSSINI PESARO E' sempre gratificante andare al Rossini Opera Festival, non solo perché gli spettacoli sono tra i più belli che si possano vedere, oggi, in Europa, ma perché quasi ogni anno riescono a scuotere le nostre convinzioni culturali, aprendo prospettive nuove, e mostrando nell'opera di Rossini, e nei suoi rapporti con la storia, una quantità di sfaccettature inaspettate. L'esecuzione della «Donna del lago», nel secondo allestimento pesarese dopo quello del 1981, era carica di incisività critica, e decisamente entusiasmante per qualità artistica. L'opera, sull'eccellente libretto di Andrea Leone Tottola, deriva dal poema omonimo di Walter Scott in cui il tema illuministico della clemenza del principe è attraversato da altri argomenti, più specificamente romantici: la poesia della natura, il riscatto patriottico del popolo oppresso, il legame tra padre e figlia, la rinuncia volontaria e generosa all'amore impossibile. L'idillio naturalistico è in primo piano: Elena compare, all'inizio, in una barchetta galleggiante sul lago e manda il suo canto all'amato lontano, tra le luci diffuse dell'alba, con una melodia memorabile, che tornerà altre due volte come motivo conduttore (Rossini anticipa i tempi). Bellissima la soluzione scenica di Luca Ronconi: il lago è una parete crespata, azzurro-grigia, che chiude al proscenio il grande spazio del Palasport, e, cantando come in sogno, Elena slitta diagonalmente, dall'alto in basso, in una culla di fronde. Il lago scozzese presta a tutta l'opera il suo colorito sfumato: la partitura echeggia di lontani suoni di corni, liquidi gorgoglii di clarinetti sotto le voci, e sfuma sovente in una strumentazione che avvolge i personaggi come una bruma. Ma, ecco la novità, questo naturalismo, nell'idea di Ronconi e della scenografa Margherita Palli, ha un che di selvaggio: la parete del lago si spacca e, aprendosi, lascia apparire rocce cupe e desolate colline erbose, oppure statue gigantesche, e stalattiti viste dall'alto in basso, per mostrare gli interni. La scelta è interessantissima, perché siamo abituati a identificare la natura della "Donna del lago" con un paesaggio morbido e rassicurante, ingenuo e carezzevole; ma, a ben guardare, non è così. In questa trascinante esecuzione, molto ben diretta da Daniele Gatti a capo dell'Orchestra, eccellente, del Comunale di Bologna (quanto sono migliorati, negli ultimi anni, i complessi degli enti lirici italiani!) la «Donna del lago» appare invece come un'opera aspra, energica, impetuosa almeno quanto «Ermione», composta nel medesimo 1819. Altro che restaurazione: nei cori di guerra degli scozzesi desiderosi di libertà (Finale atto I), nel modo in cui gli affetti privati si mescolano all'ansia libertaria del quadro politico (lo straordinario terzetto del secondo atto), tra dolcezze alternate ad improvvise scosse pre-verdiane («Vendetta! accendimi di rabbia il seno!»), questa musica sembra filare diritta verso i moti rivoluzionari del 1821, che a Napoli si stavano preparando contro il regime borbonico. Rossini non era certo un rivoluzionario: ma il clima della «Donna del lago» è quello, febbrile e oppresso, smanioso e cupo. Il fatto che questa inattesa visione dell'opera, sganciata da qualsiasi nostalgia passatista, mi sia parsa particolarmente attendibile, dipende da un fatto decisivo: che in questa esecuzione, la bellezza, la perfezione tecnica, la levigatezza formale regnano sovrane, e si sposano perfettamente all'energia dell'espressione drammatica, mostrando come questa non sia affatto incompatibile con le esigenze del «bello ideale» (altro schema critico da rivedere completamente).Le voci sono stupende. Quella di Marcella Devia, sia pure fuori parte nel personaggio di Elena, che richiederebbe più forza e temperamento drammatico, opera un ricamo perfettissimo di fili setosi e lucenti; il contralto Daniela Barcellona crea nel guerriero Malcolm un personaggio che Rossini affida evidentemente alla bravura dell'interprete : la parte non è di altissima qualità, perché la «Donna del lago» non è «Semiramide» ed ha le sue zone d'ombra, ma cantata così, con quel timbro scuro e sensuale, e i gorgheggi resi con una carnalità conturbante, diventa un personaggio per leonesse della scena lirica. Alla stessa altezza il tenore Juan Diego Florez, nella parte, curiosamente più estesa e molto bella, dell'innamorato respinto: anche lui capace di trasformare alternativamente il suo canto in dolcissime carezze o fulminanti sciabolate. Accanto a questi fuoriclasse l'altro tenore, Charles Workmann, si è difeso assai bene con la sua voce penetrante e una tecnica, però, meno raffinata. Le accoglienze si sono risolte in una serie di boati d'entusiasmo per Florez e la Barcellona, e grandi applausi per tutti gli altri, compreso il maestro dell'ottimo Coro Filarmonico di Praga, Lubomir Màtl, e l'autore degli sgradevoli costumi maschili, Carlo Diappi, che ha vestito i personaggi con mantelli aperti su finti toraci di plastica, con tanto di muscoli pettorali in ostentato rilievo. La fábula ahoga a Rossini Ruben Amon, El Mundo, 14 August 2001 Luca Ronconi estrena un montaje convencional de «La donna del lago» en el que sólo brilla la dirección musical de Daniele Gatti El ingenio de Pizzi y el genio de Dario Fo han dado paso a un espectáculo convencional y sin sorpresas de la mano de Luca Ronconi. «La donna del lago» sólo funciona gracias al trabajo del foso y al rendimiento de alguno de sus cantantes. La reaparición de La donna del lago en el Festival Rossini de Pésaro hubiera resultado más verosímil hace 30 años, cuando proliferaban los montajes de corte realista y provocaba sorpresa el alzamiento de un gran castillo de piedra en medio del bosque artificial. Luca Ronconi nos ha conducido en el túnel del tiempo hasta la Escocia brumosa y romántica de Walter Scott, pero el esfuerzo se malogra en los aspectos meramente contemplativos. Entre otras razones porque las escenas transcurren de forma monótona y porque el estatismo del montaje apenas concede espacio a las sorpresas. La idea original de Ronconi consistía en transportarnos al mundo onírico e inquietante de una fábula, pero el hecho es que el viaje acontece fotografía a fotografía sin otras referencias que el guiño pictórico de Turner, coetáneo de Rossini, y las viñetas aventureras del Capitán Trueno. Se trata de una puesta en escena en cinemascope, horizontal, hermosa como una postal escocesa e idónea para cualquier ópera mitológica wagneriana de acuerdo con la estética de Bayreuth de los años 80. Demasiado anodina. Demasiado. El inmovilismo de La donna del lago, muchas veces exasperante, sobresale en comparación con el ritmo trepidante de los espectáculos vistos anteriormente en el Festival de Pésaro. Pier Luigi Pizzi aprovechó el material de Teti y Peleo para entretenerse con una parodia-pastiche imaginativa, mientras que Dario Fo convirtió el primer acto de La Gazzetta en un cabaré colorista, genial y desmesurado. La tentación de las comparaciones no sólo compromete los espectáculos ajenos a Ronconi. También los propios, puesto que el director de escena italiano ha firmado los montajes rossinianos de mayor interés. Entre ellos un histórico Viaggio a Reims y una versión de La Cenerentola cuya audacia contradice la rocosidad e impasibilidad de La donna del lago. No obstante, la iniciativa de resucitar la ópera de Rossini se salva y queda plenamente justificada gracias a la sensibilidad musical de Daniele Gatti, que siempre dirige con refinamiento, talento concertador y escrupulosa atención a la dinámica del sonido. Otra cuestión es que el público italiano se niegue a incorporarlo al Olimpo de los grandes maestros nacionales y que persista una cierta e incomprensible indiferencia frentre al magnífico trabajo que Gatti realiza con las huestes de la orquesta del Teatro Comunale de Bolonia. Los matices y el flujo musical del foso contagiaron desigualmente al equipo de cantantes rossinianos. Daniela Barcellona y Juan Diego Flórez estuvieron sublimes, de acuerdo con las previsiones, mientras que Mariella Devia y Charles Workman naufragaron de manera irreparable. Ella porque se ahogó vocalmente en el papel omnipresente de Elena. Y él porque nunca terminó de encontrarse un sitio entre los sobreagudos y los graves de Rodrigo. Flórez, nueva figura de los tenores El veredicto del público fue injusto en el reparto de premios y castigos. Demasiada indulgencia con la Devia y especialmente decepcionante la frialdad hacia Gatti. El italiano debería intentar abrirse camino fuera de su país de origen para encontrar el reconocimiento que merece su personalidad. Sí hubo ovaciones unánimes y rotundas para el peruano Juan Diego Flórez, nueva figura de los tenores gracias a una carrera coherente y al apoderamiento de su compatriota Ernesto Palacio. |
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