REVIEWS La Cenerentola, La Scala, Milan, June/July 2005 |
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Sonia Ganassi & Juan Diego Flórez Alla Scala Cenerentola dieci e lode, La Repubblica, 29 June 2005 Rossini, buon medico per la Scala, Il Giorno, 30 June 2005 Alla «Cenerentola» della Scala manca un po' di meraviglia, La Provincia di Lecco, 1 July 2005 Il tempo non intacca i capolavori, Teatro, July 2005 La Cenerentola, Del Teatro, 30 June 2005 Amore per Rossini!, La Scena Musicale, 5 July 2005 [external link] Teatro alla Scala: La Cenerentola, OperaClick, 8 July 2005 [external link] ______________________________________________________________ |
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Alla Scala Cenerentola dieci e lode Angelo Foletto, La Repubblica, 29 June 2005 Cenerentola dieci e lode. Vale la pena segnarsi le date delle recite, ché il miracolo del più straordinario allestimento rossiniano di Jean Pierre Ponnelle (1972-73; qui rinnovato con mano felice da Sonja Frisell) quest´anno ha funzionato ancora meglio. Merito della lettura crepitante e soave di Bruno Campanella che è parso il primo direttore capace di sfruttare al meglio l´acustica più elettrizzante del 'nuovo´ Piermarini, che offre a chi sa pianissimi e smorzati ideali al gioco strumentale di trasparenze incantate e di scoppiettanti spiritosaggini di cui Cenerentola è scrigno inesauribile. L´ostinazione meccanica ma pungente di alcuni accompagnamenti, i tocchi descrittivi e i timbri segreti scovati negli intrecci orchestrali più densi e la costante perfezione nel dialogo voci-strumenti hanno segnato una lettura in cui il più esperto direttore di questo repertorio appariva ispirato da una freschezza e spensieratezza uniche. Per non dire del lavoro sulla parola espresso nei recitativi (al fortepiano c´era James Vaughan) in cui maestro e regista hanno lavorato con arguzia musicale. Certo, qui potevano contare su un cast (parliamo di quello della prima, ma chi era alla prova generale assicura che l´altro non è da meno) che ha giurato fede da anni al belcantismo applicato alla comicità rossiniana. Cosi non è rimasto che applaudire la toccante simpatia, credibilità espressiva di Juan Diego Florez, la saggezza musicale e tecnica di Sonia Ganassi, il ritrovato mordente dello spiritoso Simone Alaimo quello mai sbiadito del gustoso Alessandro Corbelli, il nobile cammeo di Michele Pertusi, la nuova azzeccata formazione di sorellastre (Larissa Schmidt e Carla Di Censo) e la bella prestazione in voce e gesti degli uomini del coro di Bruno Casoni. Rossini, buon medico per la Scala Il Giorno, 30 June 2005 «Questo è un nodo avviluppato, questo è un gruppo rintrecciato. Chi sviluppa più inviluppa, Chi più sgruppa più raggruppa». Nel festival delle vocali chiamato belcanto, un giorno Rossini aprì una danza surreale di erre masticate, arrotate, digrignate, puntate, fatte galleggiare su un minimalismo di pizzicati d'orchestra, da togliere il fiato. Era il 1817, ma anche Luciano Berio sarebbe stato orgoglioso di inventarsi quel gioco di consonanti racchiuso in un fumetto musicale; ottimo vicino ad "A-Ronne". E' il momento più folgorante di "Cenerentola", tornata alla Scala per la felicità di un teatro che fa ripetute prove di rinascita. Con lo spettacolo trentenne di Jean-Pierre Ponnelle, ripreso «com'era» da Sonia Frisell, la Scala cerca e trova le radici di anni d'oro in cui a far correre la macchina a orologeria dell'orchestra di Rossini, il Rossini «cinico» dell'ultima sua opera buffa (essendo "Adina" un melange e "Le Comte Ory" un genere a sé), era Claudio Abbado. Dopo "Bohème", un'altra casa delle vita è in scena (fino al 21 luglio per 11 repliche), e a far saltare ogni tappo agli scrupoli del pubblico l'abita una nuova generazione di belcantisti veri. Nel gruppo rintrecciato di Rossini si ritrovano, ruzzolano, giocano divertendosi e divertendo sette magnifici rossiniani, quasi tutti perfetti, da mettere in ordine di qualità che il trionfo del pubblico rispecchia: Juan Diego Florez, Simone Alaimo, Sonia Ganassi, Alessandro Corbelli, Michele Pertusi, Carla Di Censo, Larissa Schmidt. Cantanto e recitano di slancio, come i boys di un musical, gli uomini del coro di Bruno Casoni in frac. Controlla con cura il traffico dei tempi e dei colori Bruno Campanella. Se Mozart è la miglior cura per l'orchestra, Rossini resta il più grande medico del teatro. Alla «Cenerentola» della Scala manca un po' di meraviglia Giancarlo Arnaboldi, La Provincia di Lecco, 1 July 2005 Cenerentola torna alla Scala ed è subito successo. La bella, collaudata regia di Jean-Pierre Ponnelle riesce ancora a colpire nel segno. Allestimento inossidabile, infatti, al di là di qualche sbavatura buffonesca nella caratterizzazione delle sorellastre, efficace tanto negli intricatissimi concertati e momenti d'assieme quanto nelle arie e nei duetti. Nella bella macchina scenica ideata da Ponnelle si sono esibiti, dal 1971 a oggi, tutti i più grandi interpreti di Rossini degli ultimi anni. Lunedì sera al Teatro alla Scala il testimone è passato a Juan Diego Flòrez, il miglior tenore oggi in circolazione in questo genere di repertorio, splendido stilista e notevole virtuoso. Il ruolo del Principe non è tale da permettere a Flòrez gli exploit di oltre opere rossiniane, ma la sua aria del secondo atto ha comunque travolto per eleganza di fraseggio e fulgore negli acuti. Sonia Ganassi è una Cenerentola in palese difficoltà nelle agilità di forza, che Rossini vorrebbe nitide e sgranate con assoluta perfezione. Il lato "meraviglioso" e fiabesco del personaggio viene dunque a mancare. Altrove il bel fraseggio e il timbro patetico la salvano quasi sempre. Alessandro Corbelli, un poco affievolito, ripropone il suo simpatico Dandini di sempre, mentre autorevole è l'Alidoro di Michele Pertusi. Vocalità limpida e interpretazione effervescente sfoggia il Don Magnifico di Simone Alaimo. La direzione di Bruno Campanella lascia perplessi. La scelta di alleggerire e rallentare i tempi orchestrali è ottima per enfatizzare i momenti più teneri della partitura (il bellissimo duetto fra Cenerentola e il Principe), ma altrove rischia di annacquare la scatenata verve di Rossini. Il tempo non intacca i capolavori Francesco Rapaccioni, Teatro, July 2005 L'allestimento storico degli anni '70 di Jean-Pierre Ponnelle della Cenerentola resiste al tempo che passa ed appare ancora oggi un capolavoro, fresco e divertente, conservando immutato il fascino che deriva dal giusto equilibrio di un meccanismo intelligentissimo che ha accentuato l'ironia, il grottesco ed il comico e si rivede sempre con un piacere indicibile: dunque riproporlo ha sempre un senso, non fosse altro che per far vedere a chi non l'ha visto o rivedere (anche per l'ennesima volta) a chi lo ha già visto. Infatti La Cenerentola rossiniana si regge in equilibrio tra elementi disparati, buffi, onirici, poetici, conciliandoli in un'armonia superiore. Per questo la sua comicità è di tipo particolare: più che dalla satira graffiante delle tradizionali farse all'italiana, il Pesarese trae spunto dalla comicità nascosta nelle situazioni e negli atteggiamenti della vita quotidiana; la realtà è colta attraverso alcuni aspetti anormali o paradossali ed è costantemente filtrata dall'ironia. La musica è il vero elemento unificante, mai greve o banale, anche dove il testo è poco significativo, mostra ritmo vivace, eleganza, fantasia. Il cast scaligero poi è il massimo, un elenco di specialisti rossiniani. Nessuno è meglio del divino Juan Diego Florez, incantevole nel ruolo di don Ramiro, nonostante una indisposizione annunciata non gli consenta di offrirsi con le consuete generosità e sfrontatezza nell'interpretazione. Ottima è nel ruolo del titolo Joyce Di Donato, vocalità dolce e decisa al tempo stesso e perfetta attrice. Ottimo anche Simone Alaimo nel difficile ruolo di don Magnifico, che riesce a trovare l'equilibrio ideale tra caricatura e realtà, tra personaggio scontroso e al tempo stesso ridicolo, senza dover ricorrere a escamotage di dubbio gusto e sfruttando una vocalità illimitata. Ottimo anche il Dandini di Alessandro Corbelli, per cui potrei riferire l'identico giudizio di Alaimo, tanto che il loro duetto "Un segreto d'importanza" è memorabile per precisione e brillantezza. Perfette le sorellastre di Jeannette Fischer e Tiziana Tramonti, allegre, vivaci, ciarliere e garrule. Più debole è risultato l'Alidoro di Mark Steven Ross, peraltro deus ex machina della storia, tutore mago che si sostituisce alla più popolare fatina ma a cui l'interprete non riesce a conferire il necessario nobile portamento che indica la sua superiorità morale. Bruno Campanella, vero specialista del repertorio, ha diretto l'ottima orchestra scaligera con mano sicura e tempi perfetti in ogni momento della partitura. Visto a Milano, teatro alla Scala, l'11 luglio 2005 La Cenerentola Piero Gelli, Del Teatro, 30 June 2005 Correva l'anno 1975, quando io, per la prima volta vidi alla Scala, questa Cenerentola qui, regia, scene e costumi di Jean-Pierre Ponnelle; sul podio Claudio Abbado; Cenerentola era Teresa Berganza, Don Ramiro Luigi Alva; Don Magnifico Enzo Dara e Dandini Claudio Desderi. Ma la messa in scena non era nuova, veniva dal Maggio Musicale, aveva girato per l'Europa, ed era già stata data alla Scala, in precedenti stagioni. Eppure, alla «prima», il miracolo si è ripetuto: quello di una stupefazione quasi ingenua per la perfetta fusione di uno spettacolo, capace di conservare per tanti lustri il fascino, l'incanto e la comicità della prima volta. Merito dell'intelligentissimo meccanismo messo in piedi da Ponnelle, che ha smorzato il larmoyante dell'opera accentuando l'ironia e ha caricato al massimo la buffoneria, al limite di effettistica da cartoons. Naturalmente, se ho citato il cast di trent'anni fa, non è per provocare, come spesso Alberto Arbasino, lamentazioni temporis acti di fronte a un presente così povero eccetera eccetera. Tuttaltro; perché la compagnia odierna era straordinaria, in ogni suo componente. Chi si può ascoltare oggi di meglio dell'incantevole divino Juan Diego Flórez, nel ruolo di Don Ramiro? E che dire della tecnica prodigiosa, della vocalità dolcissima di Sonia Ganassi come Cenerentola-Angelina? E della perfetta resa caricaturale di Simone Alaimo, nella parte più difficile dell'opera, quella del ridicolo odioso mostruoso Don Magnifico, degno delle pagine di Parini? Straordinarie anche le sorellastre Clorinda (Carla Di Censo), Tisbe (Larissa Schmidt), il Dandini di Alessandro Corbelli ed esemplare il cammeo di Michele Pertusi nel ruolo-guida di Alidoro, che sostituisce la fata perraultiana con un illuminato-illuministico tutore-mago. Certo questa Cenerentola, insieme con il Barbiere e L'Italiana in Algeri, fa parte del trittico concepito negli anni settanta da Abbado e Ponnelle, e il ricordo di quegli spettacoli è indelebile, come qualcosa di talmente congegnato e condiviso, da rendere ogni paragone ingrato. Eppure Bruno Campanella non si è lasciato intimorire e ha diretto la sua Cenerentola con una trasparenza di suono che è apparsa mirabile soprattutto nelle parti «serie» della partitura, e in particolare nelle arie del tenore (Flórez) e della mezzosoprano Ganassi (divine ne Una volta c'era un re e Nacqui all'affanno e al pianto), e il loro splendido duetto Un soave non so che. Ma anche i momenti più dadaisti dell'opera, come i concertati-monstrum Nel volto estatico di questo e quello e ancor più nello strabiliante Questo è un nodo avviluppato, quest'è un groppo rintrecciato, il maestro ha reso con grande dinamismo e forza timbrica, la modernissima diabolica tessitura della musica rossiniana, quasi l'affacciarsi della follia, dell'irrisione totale. Davvero a tuttoggi Rossini resta il più misterioso dei nostri compositori. E mi piacerebbe parlare a lungo del miracolo di Cenerentola, della bellezza e intelligenza del libretto di Jacopo Ferretti. Perché, già, oggi si parla solo di Mozart e di Lorenzo da Ponte, e giustamente come perfetto connubio di lavoro. Ma Rossini, forse, proprio per la sua implosiva follia, per la sua matta implausibilità, oggi ci appare più vicino. E Jacopo Ferretti - ha ragione il critico Paolo Isotta - è davvero un genio. |
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