REVIEWS Il Barbiere di Siviglia, La Scala (Arcimboldi) June 2002 Un trionfale debutto agli Arcimboldi, Corriere della Sera, 23 June 2002 Nucci, che «Barbiere», Gazzetta di Parma, 24 June 2002 Col Barbiere di Rossini ecco la svolta «popolare», Il Giorno, 26 June 2002 Figaro Nucci, Conde Florez: agotadas las localidades, Mundo Clasico, 24 July 2002 _____________________________________________________________ Un trionfale debutto agli Arcimboldi Enrico Girardi, Corriere della Sera, 23 June 2002 Corrado Rovaris esalta l'eleganza del «Barbiere» firmato Ponnelle con Leo Nucci e Juan Diego Florez «Prima» scaligera per Vessilina Kasarova che si rivela una Rosina di temperamento MILANO - L'edizione del Barbiere di Siviglia curata dal compianto Jean-Pierre Ponnelle nacque, prodotta dalla Scala, al Festival di Salisburgo del '69. La dirigeva Claudio Abbado che, a partire dal 1971, la ripropose più volte, riportando ogni volta un successo quale arride solo agli spettacoli su cui si fonda il mito del teatro milanese. La riproposta di ieri sera agli Arcimboldi, con una fedele ricostruzione della scenografia e dei movimenti di regia, conferma trattarsi di edizione di riferimento, caratterizzata da un equilibrio tra i suoi elementi quale non s'è mai più rivisto. Da allora, infatti, o si eccede sul fronte della gag oppure la si evita come la peste, togliendo però l'anima all'opera rossiniana. Un'opera, è bene ricordare, in cui è bandita ogni minima forma di sentimento - tutt'al più v'è del patetismo - e in cui il senso dell'economia, del ruolo, del potere, governa i rapporti umani . Lo spettacolo di Ponnelle è stupendo proprio in quanto strutturato su un'idea di realismo che più crudo e spietato è difficile immaginare: la geometria dei meccanismi schiaccia le azioni umane e i personaggi risultano necessariamente velleitari; ma d'un velleitarismo persino amabile, considerando che sanno riderci sopra, magari con un'alzata di spalle. E poi è spettacolo spiritoso per davvero; una bella lezione d'eleganza, brio, freschezza. Nell'occasione sale sul podio Corrado Rovaris, bacchetta giovane ma navigata, un repertorio operistico ampio e diversificato. Fa bene a esigere suoni taglienti e tempi molto rapidi, probabilmente memore di quanto spigliata e frizzante - e dunque acconcia a tale regia - fosse la lettura di chi quest'edizione aveva battezzato. Se le articolazioni del fraseggio orchestrale fossero poi sempre nitide come nella Sinfonia iniz iale, si direbbe d'esecuzione eccellente. Così anche per il Figaro di turno, Leo Nucci, il cui senso del teatro garantisce applausi a scena aperta ma la cu i «pomata» - in termini di chiarezza di fraseggio - non è sempre così «fina». Juan Diego Florez si conferma tenore senza rivali in questo repertorio: tutto è naturale e perfetto. Molto bravi anche il Bartolo d'Alfonso Antoniozzi e il Basilio di Giorgio Surian: interpreti di lunga militanza e grande affidabilità. Al debutto scaligero è invece Vessilina Kasarova: una Rosina che ha temperamento e che sa sedurre, anche se le colorature - specie nella cadenze di «una voce poco fa» - non sono del tutto irreprensibili. Applausi trionfali per tutti. Nucci, che «Barbiere» Gazzetta di Parma, 24 June 2002 Entusiasmo e ilarità per l'opera rossiniana agli Arcimboldi Trionfa il baritono nell'edizione storica di Ponnelle MILANO - Ha entusiasmato, suscitando grande ilarità e anche irrituali risate, l'opera comica di Gioacchino Rossini Il Barbiere di Siviglia, in scena sabato sera al Teatro degli Arcimboldi a Milano, nella storica edizione scaligera del 1969 di Jean-Pierre Ponnelle. E il pubblico ha premiato con applausi scroscianti (per dieci minuti) la bravura scenica e quelle che il direttore d'orchestra Corrado Rovaris ha definito «le voci migliori di oggi» per quest'opera, a partire da Leo Nucci (Figaro), che con questa rappresentazione ha celebrato le sue «nozze d'argento» con il Teatro alla Scala, Vesselina Kasarova (Rosina), Juan Diego Florez (Conte d'Almaviva) e Giorgio Surian (Basilio). Nucci ha dato il meglio di sè e, nonostante i suoi 60 anni, il baritono bolognese - che il pubblico di Parma ben conosce e che ha applaudito anche di recente nel recital con il basso Ruggero Raimondi nel'ambito del Festival Verdi - è sembrato avere l'argento vivo in corpo, saltando di là e di qua come un grillo a cominciare dalla sua entrata in scena quando, come un pompiere, si lascia scivolare giù lungo una pertica, che collega il piano di sopra della sua abitazione alla bottega di barbiere. Molte gags hanno divertito il pubblico: la tangente pagata dal conte innamorato al soldato per poter continuare la serenata per Rosina, la secchiata d'acqua dalla finestra per farlo tacere, i lanci di biglietti tra i due innamorati, la lezione di piano o la scena in cui Figaro fa la barba al tutore di Rosina utilizzando un lenzuolo lunghissimo al posto dell'asciugamano. Kasarova ha incantato il pubblico non solo per la sua voce cristallina, molto apprezzata negli assolo e anche nei recitativi che ha espresso con dizione chiara, ma anche per la sua recitazione spiritosa quanto vivace di Rosina, una «donna emancipata ed arguta - ha commentato - che sa quello che vuole». Ottimo attore, nonchè cantante, anche Surian, il notaio, che ha suscitato grande ilarità quando ha srotolato la sua lunga sciarpa di lana o quando ha spiegato a Don Bartolo cosa significa calunniare. Da elogiare infine la bella voce di Florez, giustamente considerato il più grande interprete del conte Almaviva. Una tensione carica di entusiasmo ha caratterizzato l'attesa di questo Barbiere di Siviglia nello storico allestimento del regista francese Jean-Pierre Ponnelle: mancava dalla Scala dal '85 e le scene, create nel 1969, erano andate rovinate negli anni. Ripresa dalla regista Lorenza Cantini, con uno scrupoloso lavoro di ricerca, questa versione dell'opera avrebbe dovuto debuttare giovedì scorso, ma la «prima» era stata annullata a causa dello sciopero generale della Cgil. Niente più mongolfiera e triciclo voluti dal regista tedesco Tobias Richter nel '96 e niente burqa per Rosina (regia di Coline Serreau). Ma una scena girevole con cambi a vista, e un allestimento stilizzato, senza svolazzi, di una Siviglia di una bellezza antica e polverosa. Col Barbiere di Rossini ecco la svolta «popolare» Carlo M. Cella, Il Giorno, 26 June 2002 MILANO - La platea freme d'innocenza, ride come allo show di Fiorello (anche in Rossini ce n'è uno) e sommerge di tante grazie Juan Diego Florez, l'eroe della serata: tenore filiforme, elegante, delizioso, assolutamente non da stadio; l'opposto di quel che va oggi. Alla fine, il pubblico se ne va contento come un bambino: è stato a teatro, ma teatro vivo. Fuori l'aspetta una fila di pullman da Pavia, Como, Varese e comuni tangenziali. «Il barbiere di Siviglia» di Jean Pierre Ponnelle, anche se viene dalla storia (1969), apre una nuova stagione per la Scala-Arcimboldi: segna la svolta nazionalpopolare che il nuovo teatro da duemilaquattrocento posti, nella periferia universitaria Bicocca, chiede a chiunque vi lavori, oggi, domani e sempre. Da mesi, forse da anni non si sentiva ridere così, senza inibizioni, alla Scala. «Agli Arcimboldi si arriva più in fretta da Lecco che dal centro, quella dei codici postali 20121, 20122, 20123», dice Riccardo Muti, auspicando il ricambio. E per questo «Barbiere» tutto scatto e divertimento, ben diretto da Corrado Rovaris, recitato con slancio da Alfonso Antoniozzi (Don Bartolo), Leo Nucci (Figaro), Giorgio Surian (Don Basilio), il pubblico che riempie la grande sala è proprio quello: gente «da fuori», che sfida i chilometri e porta a teatro l'istinto. (Ma non fischia Vesselina Kasarova, Rosina non da Scala, nemmeno in versione Bicocca). E' il pubblico nuovo che nella Scala storica non ha messo mai piede, o poche volte. Una indicazione per il futuro. BACK. Figaro Nucci, Conde Florez: agotadas las localidades Horacio Castiglione, Mundo Clasico, 24 July 2002 Milán, 18 de julio de 2002. Teatro degli Arcimboldi. 'El barbero de Sevilla' de Gioacchino Rossini. Melodrama bufo en 2 actos. Libreto de Cesare Sterbini (1816). Director de Escena Jean-Pierre Ponnelle (Lorenza Cantini). Escenografia y vestuario: Jean-Pierre Ponnelle. Iluminaciòn: Gianni Mantovanini. Reparto: Juan Diego Florez (Conde de Almaviva), Alfonso Antoniozzi (Don Bartolo), Laura Polverelli (Rosina), Giovanni Battista Parodi (Don Basilio), Giovanna Donadini (Berta), Christian Senn (Fiorello), Ernesto Panariello (Un ufficiale). Orquesta y coro del Teatro alla Scala: director Corrado Rovaris. M° del coro: Roberto Gabbiani. Aforo: Localidades 2500. Ocupación: 100. Por fin el teatro lleno a rebosar. ¡Ya era hora! ¿La receta? Un buen Rossini súper experimentado, El barbero de Sevilla, una producciòn que no tiene igual -la del genial Jean-Pierre Ponnelle- redibujada con mucho acierto por Lorenza Cantini y un reparto que ha puesto el público -era una fuera de abono, todo hay que decirlo- al rojo vivo. Empezando por el Conde de Almaviva del tenor peruano Juan Diego Flórez que, hoy en día, no tiene rivales en este repertorio. Que cante divinamente, con elegancia, sutileza, dominio de los fiati y con una facilidad pasmosa en el extremo agudo -unos sonidos timbrados, puntiaugudos y penetrantes que, a despecho de un volumen no especialmente amplio, pasan sobre orquesta y demás voces como el foco de una luz láser- que sea la sublimación en el sentido musical de lo que fue, y mucho que fue, su maestro y mentor Ernesto Palacio (el que acuerda en el color de la voz)... todo ello ya se sabía. Pero el grazejo, la simpatía, la soltura escenica de este joven noble, sorprendido en el momento mágico de una adolescencia emocional, sincera y pasional, ésa es la novedosa imagen de un personaje, hasta ahora inédita y que no tiene precio. Su actuación culminó con la interpretación modélica de ese interminable y teatralmente discutible rondó, al que bien podría aplicarse el juicio de Don Bartolo al aria de la lecciòn de canto de Rosina: "Cospetto, quest'aria è assai noiosa", pero que cantada de esa manera se justifica plenamente, obtuvo un exito delirante y plenamente merecido. Éxito que sonrió a la bella Rosina de Laura Polverelli, una mezzo muy correcta y en alza en una carrera que procede muy bien y con justificada prudencia. Una Rosina que juega con el color de la voz, que tan sólo insiste una pizca demasiado en darle más cuerpo de lo que tiene oscureciendo inecesariamente la zona central y baja, más que intentando deslumbrar con agilidades pirotécnicas. Una Rosina fresca, genuina, picante y atrevida cuanto conviene que no ha desfigurado, todo lo contrario, al lado de su querido Lindoro. Otra columna el Don Bartolo de Alfonso Antoniozzi, cantado en todas sus notas con voz sonora, dicción perfecta y actuado con la gran escuela del que fue su maestro, Sesto Bruscantini, del que Antoniozzi es, sin duda alguna, el mejor discípulo. Gustaron el hasta demasiado apuesto y juvenil Don Basilio de Giovanni Battista Parodi, otro elemento a tener d'occhio, la divertida Berta y el mudo Ambrogio de Giovanna Donadini y Luigi Rosatelli, muy buenos actores, y en sus episódicos interventos el Fiorello de Christina Senn y el Ufficiale de Ernesto Panariello, que encabezaba el coro masculino, como siempre perfecto bajo las ordenes de Roberto Gabbiani. No es que tenga una especial manía hacia los directores de orquesta, pero Corrado Rovaris, con unos tiempos y dinámicas disparatados, sin dominar las entradas de los intérpretes, que peligraban en los assieme de tan dificil arquitectura en la música de Rossini, hizo lo posible para ahogar a este Barbero. No pudo con él, tambièn porque en esa feliz velada pisaba el escenario El Barbero por definición: por temperamento, simpatía, don de gentes y cuantos más epítetos superlativos se le puedan añadir. Leo Nucci, bien entrado ya en los sesenta, fue es y será la encarnación de Figaro. El que escribe le escuchó en Padua en el ano 73 y, al volverle a escuchar la cavatina con ese brio y esa soltura, pegando brincos como un saltamontes y entreteniéndose para su íntimo y nuestro placer en mil detalles de finura e intención en la frase cantada, tuvo la ilusión de que el tiempo se había parado. Desde luego parece haberse parado para Nucci, que pasa de Rigoletto a Figaro con ductilidad y extrema aderencia estilística. El público, encandilado, no cesaba de pedir Bis tras su aria de entrada. No lo consiguiò, más se dio por bien pagado con una actuación del Factotum della città electrizante, que dio definitivo, auténtico impulso y vigor a toda la función. Ésta terminó como era de esperar, y como nunca había pasado todavía en el Arcimboldi, con una interminable standing ovation. |
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