Intervista Juan Diego Florez Emanuele Destrini, Teatro Comunale di Bologna, 19 April 2002 In occasione del Barbiere di Siviglia rappresentato durante il tour in Giappone, il Teatro Comunale propone un cast d'eccezione, ove spicca Juan Diego Florez, tenore fra i più apprezzati del momento. Lo abbiamo incontrato per voi. Ci parli del Suo rapporto con l'Italia, con Rossini, con Bologna, con Daniele Gatti. Si tratta di rapporti particolarmente privilegiati. Rossini è il compositore che mi ha lanciato nel mondo dell'opera, dato che ho debuttato al Rossini Opera Festival di Pesaro nel 1996. Inoltre è il compositore con cui mi trovo meglio vocalmente. Tutto ciò che Rossini ha scritto per tenore sento di poterlo affrontare: le agilità, gli acuti. Ciò non toglie che talvolta io canti anche Donizetti e Bellini. L'Italia è la mia patria d'adozione. E' in Italia che ho cominciato. L'Italia mia ha dato l'opportunità di debuttare quando ero ancora uno sconosciuto. Subito dopo il debutto a Pesaro, i primi teatri che mi hanno scritturato sono stati tutti italiani: la Scala e Bologna ad esempio. Con Bologna poi ho una relazione speciale. Non potrebbe essere diversamente. Proprio al Teatro Comunale ho fatto la mia prima audizione! È lì che ho cantato per Luigi Ferrari, che mi ha sentito nel 1996 mentre ancora studiavo a Philadelphia, e mi ha scritturato per Pesaro. Si trattava di cantare una piccola parte, anche se poi, alla fine, è andata a finire che ho sostituito nella parte principale di Matilde di Shabran il tenore protagonista, che si era ammalato. Anche Gianni Tangucci, che all'epoca lavorava a Bologna mi ha aiutato molto. Con Daniele Gatti ho lavorato per due opere, sempre a Pesaro: nel Viaggio a Reims e nella Donna del lago, nei panni del protagonista, un ruolo importantissimo per me, perché è molto bello e difficile. Il Viaggio a Reims è stato poi ripreso l'anno scorso anche a Bologna. Gatti è un grande direttore che conosce e ama le voci. Con lui ho avuto esperienze bellissime. Inoltre non abbiamo solo un rapporto professionale ma anche amichevole: abbiamo persino giocato a calcio! Com'è avvenuto l'avvicinamento al Barbiere di Siviglia? È l'opera che ho cantato di più. Anche per il mio debutto al Metropolitan, dove ho aggiunto anche il rondò finale che ora canto dappertutto. Lei è una dei pochi cantanti che riesce ad affrontare questo brano. Esattamente, anche se prima qualche teatro non voleva che la cantassi. Per conto mio bisogna capire che Rossini aveva composto quest'aria affinché fosse cantata nel Barbiere, o meglio, nell'Almaviva: questo infatti era il primo titolo con cui fu presentata l'opera che oggi conosciamo come Il barbiere di Siviglia. Quello del Conte d'Almaviva è uno dei pochi ruoli buffi per tenore ad essere davvero buffo: deve far ridere, saper recitare molto bene, travestirsi. Deve saper essere molto comico anche nel canto, come d'altra parte deve riuscire ad essere molto serio. ad esempio alla fine. All'inizio invece, deve essere un tenore di grazia. È un ruolo molto interessante perché ha un po' tutti i tipi di canto e anche molta recitazione, più o meno come il tenore del Comte Ory. Cosa c'è del carattere di Almaviva in Lei? Ha la voglia di fare, di riuscire, di arrivarci. Lui è da giorni che sta sotto al balcone di Rosina, la vuole, la desidera, fa di tutto per raggiungerla con la complicità di Figaro. È uno che quando vuole una cosa non si ferma fino a che non la ottiene. Anch'io sono un po' così. Quando voglio qualcosa di solito la ottengo. Sono molto testardo. Facciamo un passo indietro alla terza aria. Cantarla sposta un po' gli equilibri fra i personaggi, fra Figaro e il Conte d'Almaviva, tanto da ridurre notevolmente le implicazioni sociali dell'opera in favore di quelle romantiche. Che ne pensa? È proprio per queste implicazioni sociali che fu cambiato il titolo dell 'opera. Piaceva decisamente di più il ruolo di Figaro, un uomo del popolo. Il Conte canta più di Figaro già senza l'aria in questione: anche se l'opera si chiama Il barbiere di Siviglia, ed anche se non ci fosse questa terza aria, il protagonista è sempre e comunque il Conte. Non voglio polemizzare. non mi importa farlo, ma l'opera racconta quello che succede al Conte d'Almaviva non tanto quello che succede a Figaro, che comunque lo aiuta. Di recente è uscita una sua antologia discografica di arie rossiniane. Com'è avvenuta la scelta? Ho scelto pensando alle arie più belle e più difficili, con un accento sul virtuosismo. Ho voluto puntare su questo anche se avrei potuto scegliere un repertorio più cantabile senza troppe colorature. Quindi si sente portato più per questo virtuosismo oppure. Anche, anche, ma non solo! Mi piacciono anche i momenti di lirismo, di fraseggio, del sedurre cantando. Normalmente in un'aria di Rossini ci sono entrambe le cose: la parte lenta e quella veloce. È importante riuscire ad affrontare entrambe. E poi lavorare con Riccardo Chailly è stato entusiasmante, dato che sa lavorare molto bene con l'orchestra, valorizzandone le capacità, e nello stesso tempo chiede e pretende molto dalle voci. |
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