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INTERVIEWS - APRIL 2003

Flórez, l'idolo del bel canto ha scelto Bergamo, L'Eco di Bergamo, 11 April 2003
El regreso de la voz, El Comercio (Peru), 12 April 2003
«O canto é perseverança e muito estudo», Diário de Notícias Domingo, 20 April 2003
«Volver a los teatros con continuidad es la carrera para un cantante», La Razón, 18 April 2003
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Flórez, l'idolo del bel canto ha scelto Bergamo
Toni Mirabile, L'Eco di Bergamo, 11 April 2003

Il tenore peruviano, stella nell'Olimpo della lirica, vive a Lurano: «Donizetti è la mia grande passione»

Porta in giro il suo fisico d'atleta in abiti casual. A giacca e cravatta preferisce un comodo giubotto di pelle.

Un look mille miglia lontano dalla sartoria classica di una osannata ugola d'oro o dalle palandrane di un Pavarotti o ancora dagli abiti broccati di un divo.

È Juan Diego Flórez, enfant prodige peruviano di Lima, trent'anni compiuti il 13 gennaio scorso, abitante di Lurano.
Image: Juan Diego Florez
Il lavoro di Flórez? Sbalordire il pubblico dei teatri di tutto il mondo: dal Metropolitan di New York, alla Scala di Milano, dal Convent Garden di Londra al Rossini Opera Festival di Pesaro, giusto per fare qualche nome (il suo sito ufficiale è www.deccaclassics.com/artists/florez/ mentre sbarazzino e simpatico è un altro sito dedicatogli da fan giapponesi all'indirizzo www.juankun.com).

Flórez, nonostante l'età, fa parte dell'Olimpo della lirica internazionale nel repertorio d'agilità interpretando alla grande un vasto numero di opere - da Il Barbiere di Siviglia di Rossini a Maria Stuarda di Donizetti, da La Sonnambula di Bellini al Falstaff di Verdi - dimostrando di saper cambiare registro musicale con la semplicità con cui a un fuoriclasse del pallone riesce a piazzare un assist da urlo.

E il pubblico gradisce: interpretando Lindoro ne L'italiana in Algeri di Rossini, presentata all'Arcimboldi di Milano nelle scorse settimane e diretta dalla bacchetta bergamasca Corrado Rovaris, il pubblico gli ha dedicato un'ovazione di dieci minuti.

La vita di Flórez? Sempre con la valigia in mano. Giusto per fermarsi agli impegni di aprile: fino a domenica è in scena al Teatro Politeama di Lecce con La Fille du Règiment ; il 16 tiene un recital al Nacional de Sao Carlos a Lisbona; il 19 interpreta Stabat Mater di Rossini alla «Semana de Musica religiosa de Cuenca», in Spagna; per volare dal 23 a fine mese a Vienna mettendo in scena La Sonnambula di Bellini allo Staatsoper.
Flórez, quand'è arrivato in Italia, anziché cercare casa di fronte a Piazza della Scala a Milano, perché ha scelto Lurano?

«Per affetto e casualità: io amo Donizetti, non avrei potuto abitare che vicino a Bergamo. Poi ho scelto Lurano perché lì ci abita il mio maestro Ernesto Palacio (anch'egli artista e manager, ndr ). Quando non sono impegnato in teatro amo andare in giro per la città: le viuzze di Città alta, le Mura, la Cattedrale, i colli... E quando ho ospiti: non ho che da scegliere delizie nei tanti ottimi ristoranti. Sono contento di aver scelto di vivere a Bergamo».

Ma non ha mai calcato il palco del teatro Donizetti. È così?

«Non ancora, speriamo in un futuro prossimo».

È vero che ha cominciato cantando il rock?

«Anche il rock. Da ragazzo mi esibivo nei piano bar di Lima cantando con la mia band musica pop e folk. Ma cantare non mi bastava, volevo imparare a suonare il pianoforte, scrivere musica, e questa inquietudine mi ha portato al conservatorio dove ho perfezionato la tecnica vocale fino ad arrivare all'opera e alla classica».

E in Italia quando è arrivato?

«Nell'agosto del 1996 - dopo aver trascorso tre anni negli Stati Uniti, a Filadelfia, per perfezionare gli studi - feci un'audizione per un ruolo minore al Rossini Opera Festival per Matilde di Shabran di Rossini. Ma il tenore principale si ammalò e io presi il suo posto. Quando si dice la fortuna. Lì mi notò Riccardo Muti e in dicembre mi chiamò per l'inaugurazione della stagione scaligera con l'Armide di Gluck».

E da quella volta il maestro Muti non perde occasione per chiederle di interpretare le opere che dirige.

«Ha fiducia in me».

Che emozione prova un giovane di trent'anni a ricevere dieci minuti ininterrotti di applausi?

«Una grande soddisfazione. Vuol dire che si è riusciti a impostare una buona tecnica. Lo spettacolo è l'atto conclusivo di un lungo lavoro di studio e prove. Quando vedo il pubblico soddisfatto mi dico: ho davvero fatto bene».

Tra Gala, opere e recital, dal 1996 lei si è esibito in tutto il mondo 133 volte. Quale opera ricorda con maggior piacere?

«Tutte sono indimenticabili, ma forse la più bella è stata Il Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota alla Scala. Era il 1998, avevo 25 anni».

Quale personaggio interpreta con maggior soddisfazione?

«Tonio ne La Figlia del Reggimento di Donizetti e il conte Almaviva nel Barbiere di Siviglia ».

Nel suo ultimo cd ha inserito la famosa aria Ah! mes amis da La Fille du Règiment con la strepitosa raffica di nove «do» tutti in fila. Ha voluto stupire?

«Come dicevo, amo Donizetti, non riesco a dimenticarlo nei miei dischi. Ma l'intero album è dedicato al maestro bergamasco oltre che al siciliano Vincenzo Bellini e il titolo è Una furtiva lagrima ».

Una volta c'erano i tre tenori: Pavarotti, Carreras e Domingo. Adesso, a giudicare da quanto sostengono i critici della lirica, con lei nella hit fanno quattro. Provi a descrivere questi maestri.

«Lusingato per il credito, ma stiamo parlando di maestri inarrivabili, anche con un repertorio diverso dal mio».

Proviamo lo stesso. Pavarotti?

«È un saggio, capace di consigli originali e con una voce che è oro puro: la più bella che un tenore possa desiderare».

Domingo?

«Un gentleman oltre che un musicista e un tenore raffinatissimo. Più volte mi ha dimostrato la sua benevolenza seguendo i miei spettacoli e complimentandosi».

Carreras?

«Non lo conosco personalmente, ma è una delle voci da tenore spinto più belle mai ascoltate. Velluto puro».

Ma è vero che lei è anche un ottimo calciatore?

«È il mio sport preferito. Quando sono a Pesaro per il Rossini Opera Festival , nelle pause delle prove riesco a trovare il tempo per lanciarmi in qualche partita. Ma il calcio è per me un grande cruccio: quest'Inter continua a farmi soffrire. Speriamo torni Ronaldo».


El regreso de la voz
Raúl Cachay A., El Comercio (Peru), 12 April 2003

El tenor peruano más exitoso de la historia ofrecerá un concierto el próximo 6 de mayo en el Jockey Plaza

¿Mientras sigues acaparando elogios en el exterior, sientes que tu trabajo ya ha sido lo suficientemente reconocido en el Perú?

Yo creo que sí. Hay mucha gente que sabe, especialmente por los medios de comunicación y en particular por El Comercio, de mis actuaciones más importantes. Mi debut en el Metropolitan tuvo una buena cobertura en Lima, e incluso se citaron las críticas que aparecieron en medios del exterior. El interés de la prensa en el Perú ha hecho que la gente sepa de mí y me reconozca.

¿Cuáles son tus expectativas para la presentación del 6 de mayo en Lima?

Quiero hacer un bonito concierto y dar a la gente el arte que desarrollo en los teatros europeos y americanos. También quiero que una parte del concierto esté dedicada enteramente a la música peruana, que a mí me encanta.

¿Crees que el público foráneo conoce y aprecia la música peruana? ¿Cómo reacciona el público extranjero cuando interpretas algún tema del repertorio de, por ejemplo, Chabuca Granda?

En realidad, la gran mayoría no conoce la música peruana, salvo en España, donde Chabuca Granda es bastante popular. Cuando hago conciertos con orquesta, a modo de 'bis', al final del concierto, siempre canto alguna pieza peruana, como 'La flor de la canela', o alguna marinera orquestada. Incluso yo mismo hago las orquestaciones de piezas peruanas. También en mis conciertos con piano presento siempre una sección de música peruana, compuesta básicamente por piezas de Rosa Mercedes Ayarza de Morales y Andrés Sas. Al público siempre le encanta esa música, piensa que sus ritmos son muy alegres.

¿Transformarse en una súper estrella representa algún tipo de riesgo para tu evolución como tenor?

Si uno tiene los pies sobre la tierra, eso no puedo ocurrir. Siempre hay que seguir mejorando, pese a que te elogien por aquí y allá. Si te elogian, precisamente, es porque aprecian tu valor, pero la gente siempre va a esperar mucho más. Así como en un momento te tienen ahí arriba, luego, si no cumples, te pueden abandonar. La ópera es muy exigente, y eso el público lo entiende perfectamente.

¿Hacia dónde apunta Juan Diego Flórez para el futuro inmediato?

Yo tengo compromisos ya pactados hasta el 2008. También tengo algunos discos por preparar. De hecho, acabo de grabar uno dedicado a varios compositores, desde Rossini hasta Puccini, para el sello Decca. Acabo de lanzar, por otro lado, un álbum llamado 'Una furtiva lágrima', que aborda a Donizetti y Bellini y ha recibido ya muy buenas críticas en todo el mundo. Tengo la intención de viajar todos los años al Perú para hacer ópera. El próximo año haremos 'La hija del regimiento', que ahora sí presentaré con vestuario, escenografías, etc. Me encanta cantar en mi país. Le debo mucho al Perú.


«O canto é perseverança e muito estudo»
Jorge Rodrigues, Diário de Notícias Domingo, 20 April 2003

Considera que teve mais dificuldades, no início da sua carreira, do que um europeu ou um norte-americano, pelo facto de ter nascido em Lima, na América do Sul?

Não creio. Acho que as dificuldades são as mesmas em quase todo o mundo. Se um intérprete tem uma boa voz e canta bem, vai conseguir trabalho. O importante é chegar aos sítios certos, fazer-se ouvir pelas pessoas certas. Mas, se um cantor tem voz não lhe faltará nunca trabalho. Mais a mais se é tenor, com a falta que há destes! Eu estudei no Curtis Institute, nos Estados Unidos, e depois vim para a Europa. Sim, creio que as oportunidades são iguais.

Rossini tem sido o compositor-base da sua carreira, iniciada há cerca de 10 anos. Sabendo que o repertório rossiniano foi, na generalidade, praticamente esquecido durante muitos anos, como teria sido a sua carreira se a tivesse iniciado mais cedo? Que repertório teria cantado e que papéis teria escolhido?

Se tivesse nascido em 1960, digamos, eu talvez não tivesse seguido a carreira de cantor, porque nesse tempo não havia tantas óperas rossinianas a serem apresentadas, como sucede hoje. E não existia o Festival Rossini de Pesaro, que promove a realização e a revisão de óperas poucas vezes cantadas de Rossini, e oferece inúmeras possibilidades aos jovens que têm vozes rossinianas. É que, assim, é-lhes dada a possibilidade de afrontar óperas que só ali habitualmente se interpretam (La Donna del Lago, Mathilde di Shabram, etc.), podendo depois partir para outros teatros. Eu, por exemplo, cantei La Donna del Lago em Pesaro e depois em Salzburgo e em Montpellier. Ora, há 40 anos, uma voz que surgisse com as características da minha teria obrigatoriamente que começar logo a cantar Donizetti, ou Verdi (o Rigoletto, seria obrigatório!) _ em suma, o repertório de Alfredo Kraus, para dar um exemplo. Agora há muito mais variedade, mais especialização _ um cantor pode dar-se ao luxo de ser, exclusivamente, rossiniano.

Acredita que, com a idade, o seu repertório vá mudar? Será que a sua voz se vai tornar mais dramática?

Não acredito que a voz mude! O que acontece é que as vozes, com o tempo, ganham um pouco mais de corpo no centro, dado que as cordas vocais se fortalecem e os músculos se tornam também mais resistentes. Mas, em si, a voz de um tenor lírico ligeiro não se transforma numa voz de tenor dramático. Será sempre lírico ligeiro. A voz acompanha o corpo. Alfredo Kraus, por exemplo, teve sempre aquela voz, e não mudou muito. Pode dizer-se o mesmo de Pavarotti, ou de Domingo _ cantam como cantavam há uns tempos, as vozes deles não mudaram. Podemos apenas dizer que a partir dos 45 anos, aproximadamente, as vozes se fortalecem, pois as cordas vocais começam a ser menos flexíveis e mais pesadas. Depois ... há que mudar de repertório! No fundo, o público gosta que cantemos _ bem! - um repertório o mais alargado possível.

Está contente com a sua voz, ou gostava que ela lhe permitisse afrontar papéis mais pesados?

Estou muito contente com a voz que tenho. Não tanto pela beleza, mas sobretudo com o que consigo fazer com ela _ isso, sim, confesso, dá-me imensa satisfação. Em matéria de beleza considero a voz de um Pavarotti inultrapassável _ belíssima, única mesmo. Mas sinto-me muito feliz com o que tenho conseguido realizar com a minha voz _ ligar as frases, alcançar os agudos, etc. _, quase tudo o que quero ou queria fazer com ela. Consegui-o com muito trabalho, a pouco e pouco. Posso fazer inúmeras coisas com ela, sobretudo musicais.

Aceitaria cantar música contemporânea escrita a pensar na sua voz?

Certamente que gostava que isso sucedesse. A única coisa que pediria ao compositor é que a parte fosse vocal, que não fizesse sofrer a voz, como tantas vezes sucede com este tipo de escrita.

O que aconselharia aos jovens em início de carreira?

A perseverança. O canto é perseverança e, também, muito estudo pessoal, no quarto, a sós, ouvindo-se e gravando-se. É que numa lição de canto, com uma hora de duração, ninguém pode fazer muito. O cantor tem, depois das aulas, de encontrar soluções vocais sozinho em casa. Para isso, é importantíssimo gravar-se _ tudo, as lições, os ensaios, etc. - e depois ouvir o que se faz. Alguns vão assustar-se, porque por vezes acreditamos ter uma voz enorme e linda, julgamos estar afinadíssimos, e depois vamos ouvir a gravação e... é tudo o contrário.


Juan Diego Flórez: «Volver a los teatros con continuidad es la carrera para un cantante»
Miguel Ayanz, La Razón, 18 April 2003

El peruano interpreta mañana en Cuenca el «Stabat Mater» y en mayo actuará con Domingo

En su agenda se aprietan las grandes citas: la Staatsoper, el Metropolitan,
Pesaro ¬donde lo dirigirá López Cobos¬, San Francisco... No hay duda de que
el peruano Juan Diego Flórez (Lima, 1973) es uno de los jóvenes tenores de
mayor proyección. Mañana cantará, dirigido por Alberto Zedda y junto a
Daniella Barcellona e Isabel Rey, el «Stabat Mater» (Rossini es su
especialidad) en la Semana de Música Religiosa de Cuenca, y en mayo
acompañará a Plácido Domingo en una gala en Nueva York. El tenor, imparable,
habla de su carrera, sus aficiones, es futbolero, del Inte, y su futuro.

Mañana canta el «Stabat Mater», de Rossini, que es su especialidad. ¿Eligió
usted esta pieza para Cuenca?

Esto fue una propuesta de la Semana de Cuenca, parece que se reunió un
«cast» óptimo, con Daniella Barcellona, Isabel Rey, Alberto Zedda... Es una
obra de mi repertorio, pero hace mucho que no la canto. Por eso tengo mucho
gusto, sobre todo en Semana Santa, en este marco. Me han dicho que Cuenca es
fabuloso.

Se le ha definido como un tenor «rossiniano». ¿Cree que es la persona
idónea para esta obra?

Bueno, el «Stabat Mater» es una pieza mucho más romántica, no tiene nada
que ver con el «rossinianismo» de las primeras obras. Si escucha «L Italiana
en Argel» y después el «Stabat Mater», se ve que es otra cosa, una obra de
madurez.

Ha pasado, desde 1998, por Sevilla, Las Palmas, Barcelona, Madrid, La
Coruña, Peralada... ¿Qué le parece el público español?

Estoy muy contento. Ahora vengo de un concierto en el Teatro San Carlo
de Lisboa, y había gente de La Coruña, de Madrid, que había venido
precisamente al concierto. Siempre es un placer venir a España porque el
público es muy caluroso. A mí me gusta seguir la tradición de Kraus, su
línea de canto, su elegancia. Y en eso me parece que soy muy apreciado por
los españoles.

Actuará en mayo en Los Ángeles, con Domingo, Fleming, Zajick, Graves...
y tiene otras citas importantes. ¿Se siente ya entre los grandes?

Bueno, es un honor estar con Plácido. Él siempre ha sido muy gentil
conmigo, yo le he visto varias veces como espectador. Pensar que voy a estar
en Los Ángeles, en medio de todos estos grandes, con un ídolo como él...
estoy muy contento.

También tiene en su agenda Pesaro, donde lo dirigirá López Cobos...

Sí, será en verano. López Cobos es un gran director. He cantado con él
el «Stabat Mater» en San Sebastián con la Orquesta de La Coruña. Yo le
conocí por una grabación de «Otello» con Carreras, me pareció fabuloso.
Cuando trabajamos juntos nos fue muy bien, estoy ilusionado por eso.

Staatsoper, Metropolitan... ¿Qué le queda por hacer?

La carrera del cantante no es ver qué falta por hacer, a dónde vas a
llegar, sino una continuidad. Es seguir haciéndolo bien, tratar de hacerlo
mejor, y, sobre todo, regresar a los grandes teatros. Vas una vez, pero es
importante que te inviten de nuevo, a la Scala, al Metropolitan, a Madrid, a
Barcelona: lo importante es regresar.

Usted, Aquiles Machado, José Cura... Parece que hay en los últimos años
un «boom» de cantantes latinos. ¿Esto le ha ayudado o perjudicado?

Bueno, de Iberoamérica salen tenores, y buenos. Siempre han salido. Sólo
que ahora, quizá, Europa produce un poco menos que hace unos años, se siente
un poco más la efervescencia iberoamericana.

Una última e importante pregunta: ¿Quién cree que va a ganar la
Champions League?

Yo quiero que gane el Inter, porque soy del Inter. Si no, el Real
Madrid, aunque nos quitó a Ronaldo.
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This page was last updated on: April 22, 2003