INTERVIEW Un «pagliaccio» alla siciliana Gianni Villani, L'Arena, 21 February 2002 Roberto Alagna nel ruolo di Canio: «Anch'io sono un passionale» Si annuncia come una serata da ricordare quella di stasera al Teatro Filarmonico dove alle 20.30 si rappresenta l'opera «Pagliacci» di Leoncavallo abbinata per la prima volta al balletto «Zorba il Greco» su musica di Mikis Theodorakis. «Pagliacci» vede come interpreti Roberto Alagna (Canio) e Svetla Vassileva (Nedda). «Zorba il Greco», invece, ha come protagonisti Irek Mukhamendov (Zorba), Slavomir Vozniak (John), Anna Kristoff (Marina) e Giovanni Patti (Yorgos). Repliche domenica alle 15.30 (con interpreti diversi), martedì e giovedì prossimi e sabato 2 marzo alle 20.30. Era atteso da lungo tempo a Verona e non solo dalla lunga lista dei melomani nostrani, perché Roberto Alagna, nonostante la celebrità, è un eccezionale antidivo, un tipo a cui piace solo cantare, per un vero piacere personale, senza altri reconditi misteri. Il celebre tenore siculo-francese è per la prima volta a Verona, nella nuova edizione di Pagliacci al Filarmonico, gestita assieme i due fratelli musicisti, Davide (nella regia) e Federico (nelle scene e nei costumi). - Questa occasione veronese, con tutta la sua famiglia. Si tratta di un caso eccezionale, oppure è per un suo nuovo interesse al repertorio verista? «Ho sempre sognato di cantare Pagliacci, fin da giovanissimo. Mi piacciono sfide del genere, queste challenge speciali, anche se continuo ad esprimermi abitualmente nel mio ruolo di lirico, con gli Elisir d'amore, le Bohème, le Lucie. Per me il vero tenore è fatto per cantare possibilmente tutto quanto è stato scritto per lui». - Non le pare troppo rischioso il repertorio verista? «Tutto è rischioso nel canto. Alle volte lo è più un Elisir d'amore che una Tosca. Dipende da come si fa un'opera. Io vivo il personaggio con passione, forse per questo mi salvo. Anche se sembro giovane perché ho solo 38 anni, canto già da venti». - Questa sua venuta a Verona prelude a qualche altro traguardo? Magari in Arena? «Si certo. Sono anni che mi chiamano per far qualcosa nella stagione estiva. Solo che le domande arrivano sempre all'ultimo momento. In questi giorni sto già lavorando sui calendari del 2006-2007. Però mi sono incontrato col sovrintendente Giacchieri quest'estate in Germania, durante la ripresa del film di Tosca. Mi ha offerto molte opportunità. Insomma esiste una mia promessa nel 2003 per Carmen in Arena». - I suoi impegni discografici: arrivano sul mercato continue incisioni. «Abbiamo appena finito di registrare Il Trovatore, un disco sul bel canto con Evelino Pidò. Poi andrò con mia moglie a Toulouse per un disco di Carmen e ancora un bel progetto: un video di Lucia. Ho proposto per Verona il Romeo e Giulietta di Gounod, ma mi hanno detto che potrebbe avere una scarsa accoglienza. La canterò la prossima estate all'aperto, ad Orange». - Luciano Pavarotti tempo fa, ad un famoso quotidiano, dichiarò che lei ed altri tre tenori italiani sareste stati i suoi eredi. È cambiato qualcosa da allora? «Quei tenori sono tutti amici miei. Ragazzi che apprezzo molto e con i quali mi conosco da anni. Forse io ho avuto più fortuna di loro col mercato discografico. Devo dire che Pavarotti ha detto giusto». - Ma è vero che sono finite le grandi glorie tenorili? «No, assolutamente. Mai come adesso esiste una sorta di renaissance tenorile. Belle voci, di gente come questo Florez, di Vargas, stupendo, uno dei più grandi del momento, di Cura che a modo suo, ma con grande certezza, fa una grande carriera. Ho sentito Alvarez in Rigoletto e sono andato a complimentarmi con lui. Semmai sono i soprani importanti che non si trovano più. Sono fortunato ad avere Angela (il soprano Gheorghiu, sua moglie, ndr) con me. Una cantante che assomma qualità, bellezza, espressione, musicalità. Difficile trovare queste virtù riunite tutte insieme». |
||||||
This page was last updated on: July 3, 2002 |